Luisa Parrelli, L’Erudita, 2022
“Nessuna solitudine è piccola” recita il poeta greco Ritsos, alludendo alla rosa di cui nessuno avverte il profumo: non c’è esistenza non degna; chiunque, anche l’essere vivente più umile e apparentemente più insignificante, ha un suo ruolo nell’economia cosmica. Non vi è chi possa arrogarsi il diritto di criticare l’esistenza altrui: ” Prima di giudicare, mettiti le mie scarpe…”, dice il grande Luigi Pirandello.
Amore e compassione per il genere umano, con in suo fardello di gioie e dolori, in questo pellegrinare sulla”nera terra”: questo si evince dall’agile silloge di racconti di Luisa Parrelli, laureata in lettere classiche e musicista, alla sua opera di esordio. Premiata ripetutamente per i suoi racconti, Luisa mette in scena casi di vita ordinaria, persone comuni che potremmo incontrare per strada, tranquilli viandanti di paese, perché proprio da esistenze apparentemente banali possiamo ricevere l’insegnamento più grande. “Le solitudini più piccole sono quelle a noi più vicine” e sta alla scrittrice farle emergere in scrigni di sorprendente bellezza.
I personaggi sembrano provenire dal nulla; nascono dall’agile penna di Luisa con una levitas alessandrina, risultato di un certosino labor limae. Si procede per via di togliere e dal grezzo marmo si squadernano sei istantee di vita, sei fotogrammi, i cui i protagonisti si incontrano a due voci, in un dialogo incessante nel quale l’interiorità dell’uno parla all’altro. Siamo lontani dallo stilema dell’incomunicabilità tra gli esseri viventi tipico della crisi del Novecento: qui i personaggi si confrontano con incantevole empatia, in un’atmosfera di ottimismo vicina a Leibniz. Non siamo nel migliore dei mondi possibile, ma in un mondo certo vivibile, perché c’è amore e condivisione umana dell’esperienza. Ci si confronta, si apre il cuore, ci si specchia nell’altro, nel simile, nel viandante, nella rosa che non colsi, a rintracciare le fondamenta del sé filosofico. La mente costruisce ricordi; volti noti e solo apparentemente dimenticati riaffiorano alla memoria e la callida penna di Luisa coglie fatti, sfumature, ricordanze, nella consapevole certezza che solo la riconciliazione col proprio passato consente di vivere serenamente il presente, per proiettarsi nel futuro.
Un emigrato a Sidney, una nonna che si racconta alla nipote, un’amicizia tra donne che sembra (e non è) amore, un uomo che si ritrova solo e incontra il morso del dolore, due amiche riconciliate nella sorellanza tra donne, un imprenditore tornato nel luogo della sua infanzia creano dialoghi delicati e raffinati come di simpatica convivialità si nutre l’anima della scrittrice.
“Ti piacciono le vecchie foto? Questa è la mia preferita. Siamo in piedi davanti al camino, il nonno così magro che le bretelle gli tengon su i calzoni, io smunta come un cencio, tuo papà in braccio. Ma eravamo arrivati in Italia. Quando fai quell’espressione, me lo ricordi, tuo nonno, e non conta che sei femmina. Il tuo sguardo schizza via come il suo. Siediti in braccio, Ninetta, così te lo racconto chi era. La prepariamo dopo la torta per il papà.”
Così nascono i dialoghi nella silloge, secondo il principio dell’impersonalità dell’opera d’arte di verghiana memoria; la Parrelli scompare nell’opera d’arte e si fa pietra e filo d’erba. Leggiadre si stagliano le scene e si srotolano immagini secondo metafora e metonimia e allegoria. La panificazione presente nel primo racconto del giovane emigrato è allegoria della cura che bisogna riporre nei rapporti umani. Maneggiare con cura l’uomo! Questo mi pare chiaro. “ Non vuole che riattacchi, mi chiede di mettere in viva voce e parla continuamente, è irrequieto. A me invece, seduto davanti il forno, viene solo da pensare che quella parola, pane, ha un suono bellissimo, con lo stesso numero di vocali e consonanti: E’ una parola che cura l’ansia.” Il pane a quanti significati allude! Il pane quotidiano, il pane del perdono, il pane degli avi… la parola cura è un balsamo rigenerante, come queste parole di Luisa che mi sono scorse davanti gli occhi in un pomeriggio di neve.