Nel primo decennio del XX secolo si susseguirono da parte di ogni genere di artisti: pittori, scultori, letterati, musicisti, una serie di “manifesti” con i quali si proclamava la liberazione da ogni schema prestabilito e l’obbedienza all’istinto, alla sensazione, al dinamismo in genere. Tutto questo era racchiuso nell’espressione futurismo.
Una volontà generale di aria nuova, di contatto con una realtà in movimento che, nell’arte figurativa, dava vita a forme dislocate rispetto alla loro struttura reale secondo linee e volumi sospinti da una volontà interiore che quei maestri definivano forza.
La figura si scompone in una continua moltiplicazione dei suoi elementi, unendo i valori della sensazione a quelli della conoscenza attraverso un’inquietudine epocale, un inconscio “freudiano” che anela a staccarsi dalla realtà senza sottoporre i vari stadi del sentire alle leggi che la tradizione pittorica aveva fino ad allora voluto.
Il soggetto rappresentato diventa di fatto “astratto”, affidato ad enigmatici segni e infinite associazioni, talvolta all’apparenza del tutto indecifrabili, talvolta affidati ad un surrealismo che genera singole interpretazioni e lascia comunque l’opera avvolta nel mistero di chi l’ha creata.
Il discorso, a questo punto, si allargherebbe a dismisura, meglio andare quindi all’osservazione di un’ opera appartenente ad un dato momento e bloccare un tassello di questo tumultuoso divenire attraverso il quale passarono in tanti e dal quale si staccarono movimenti importanti e grandi personaggi.
Questa volta ci rivolgeremo a René Magritte che nacque in Belgio nel 1898 e lì pure morì nel 1967, e di lui osserveremo “La Voix des airs” del 1931, simbolicamente ed anche strutturalmente di forte impatto espressivo.
Magritte fu, fra l’altro, frequentatore del Circolo del Surrealismo che riuniva a Parigi numerose personalità fra cui Mirò e Dalì. Il condiviso rifiuto di sottostare ai canoni dell’arte classica lasciava aperta la via ad una sorta di autoanalisi dell’io subcosciente correlata ad una volontà espressiva che nasceva dalla mente e dall’anima prima di scendere sul pennello. Il surrealismo del nostro ha in più una volontà nuova, quella di liberarsi dagli stilemi di quello precedente, a suo avviso improntato molto al buio, alle crisi di coscienza tradotte in colori scuri e accostamenti tragici, per aprire ad una nuova fase in cui accogliere luce, gioia, e tutti gli antidoti capaci di esorcizzare spettacoli tristi di rovine e di angosce imbecilli.
Sarebbe ora interessante indagare sulle circostanze che hanno favorito in questo artista, all’interno del suo determinato momento storico-sociale e artistico, la scelta ulteriore che abbiamo detto. C’è di mezzo sicuramente l’esorcismo alla guerra e tutti i suoi tragici trascinamenti che l’artista trovava molto più intelligente spazzare via al più presto.
Il tentativo di rappresentazione della propria realtà attraverso un’astrazione fortemente impressa di un significato vivo e penetrante è proprio di Magritte come di molta parte dell’arte moderna di qualità. In lui vola verso la rappresentazione dell’ extramentale, come egli stesso dice, che risulterebbe proprio da un’illuminazione particolarmente intensa del ” mentale”. Resta fermo che la volontà simbolica, nonostante la forte tensione a renderla captabile, rimarrà sempre appannaggio esclusivo della mente dell’artista.
Ne La Voix des airs Magritte crea un gioco di mondi rappresentati nella sfericità dello stesso spazio universale, dove rotondo è pure il cerchio che alla fine del tempo si dovrebbe chiudere a spiegare il mistero del creato. L’armonia esistente fra le sfere protagoniste dell’opera, sovrapposte e conviventi, le trasforma in campane la cui voce si effonde nell’universo. Esse fluttuano nell’etere sopra un piccolo paesaggio tradizionale dove cielo, mare e verde offrono, in controtendenza, tutta la loro umile, mite realtà.
L’opera, di cui esistono più esemplari, si esprime con ampio respiro e forte desiderio di comunicazione: le sferiche “campane” assumono un protagonismo monumentale, le linee di forza vibrano di una tensione palpabile che giunge all’ invenzione creativa dell’oggetto e genera i tre mondi.