Ada Negri è la prima scrittrice italiana proveniente dalla classe operaia e al centro della sua prima ispirazione rimane costantemente il mondo dei lavoratori di fine Ottocento, che lei percepiva attraverso la vita della madre, tessitrice in una filanda. Un mondo osservato con tutte le sue difficoltà e fatiche non molto lontane da quelle raccontate nei romanzi dell’inglese Charles Dickens nei suoi famosi romanzi ambientati per lo più a Londra. Questa ispirazione troverà poi la sua più ampia definizione soprattutto nel romanzo autobiografico Stella mattutina che evoca figure e storie umane osservate nello sgabuzzino di portiera dove lei trascorreva con la nonna lunghe ore della giornata, mentre la madre era al lavoro.
La produzione letteraria di Ada Negri, strettamente femminile e ancor più di quella di altre scrittrici intrecciata alla vita reale, in qualche modo e con le scontate trasposizioni di fantasia inventiva, è una scrittura prettamente autobiografica. Su questa centralità della vita reale soggettiva nell’opera della scrittrice la critica ufficiale, soprattutto quella autorevole di Benedetto Croce, darà un giudizio negativo. Per Croce Ada Negri, chiamata da lui con una sfumatura di sufficienza la vergine rossa, è troppo concentrata sulle vicende reali e psicologiche della sua personalità e non riesce ad uscire dall’io per proiettarsi verso l’universo.
Il nucleo famigliare della futura scrittrice è in qualche modo segnato in modo prevalente da figure femminili: il padre, Giuseppe, era un manovale ed è morto presto. La madre, Vittoria Cornalba, è non solo la sua protezione primaria per la vita biologica ma anche la sua guida e il suo sostegno per quella storia di riscatto e di liberazione che è per lei lo studio, e la conquista del diploma di maestra la farà entrare nel mondo dell’insegnamento partendo nel 1988, a soli 18 anni, dalla scuola elementare Motta Visconti di Pavia. La capacità affabulatrice della madre che le racconta la sua vita e quella delle sue povere compagne tessitrici è in qualche modo anche la sua guida nel primo percorso letterario che si sviluppa attraverso le prime opere poetiche, Fatalità del 1892 e Tempeste del 1896. La piccola Ada ascolta, osserva e in qualche modo interpreta la madre nella sua funzione emblematica di tutto il mondo dei lavoratori -donne di quella società industrializzata e dura della fine dell’Ottocento. Certo è che in questa sue prime opere Ada descrive con realismo accorato le fatiche dei poveri. Nel canto popolare La filanda di Ghisalba, le donne hanno i polmoni corrosi dalla polvere : Nella filanda di Ghisalba / ci sono donne mezze ammalate /per la velocità delle aspe / si son prese l’infiammazione.
E tuttavia la sua rappresentazione non si ferma alla denuncia sociale né in qualche modo si stempera la sua definizione nell’evocazione sentimentale perché non solo ricostruisce dentro di sé la figura materna nella sua globalità di persona ma reagisce quasi in una particolare staffetta con la madre nella ribellione civile e umana alle ingiustizie. La figura della madre viene ricostruita nella sua integrale umanità: Ma è gaia e ride, è creatura piccola e vocale come gli uccelli, e cinguetta e canta…La memoria della voce materna è un elemento costante nella poesia della Negri, che mostra una particolare attenzione ai canti e alla voce femminile, come ci dicono i versi di Canto notturno: Palpita una canzone in lontananza:/ voce è di donna, calda appassionata/ a me giunge un po’ fioca, un po’ velata/ – tra i melagrani in fior. Si potrebbe quindi dire che il canto delle donne madri in qualche modo diventa nella rappresentazione poetica della Negri l’arma della ribellione e della voglia di uscire dalla condizione di sfruttamento per sé ma, soprattutto, per i figli. Molte figure di madri che cantano e lottano per il riscatto dei figli sono presenti nella sua poesia
In qualche modo questa giovane scrittrice si sente quasi destinata a continuar con le sue forze nuove di donna colta e di voce poetica quella ribellione all’abbrutimento e alla miseria che la madre le aveva trasmesso spronandola e guidandola allo studio come riscatto umano e sociale. Una studiosa moderna, Gorini Santoli, nel 1995 scrive così di questa specie di missione che la lega alla figura materna: Ma la voce di Ada Negri è audace, aggressiva, spregiudicata…Questo suo atteggiamento di denuncia e ribellione, questo suo sentirsi quasi investita di una missione sociale ma soprattutto la sua capacità di rappresentazione umana le fruttano intanto la fama non solo in Italia ma anche all’estero.
La vita di Ada cambia dopo i primi successi: le sue opere cominciano ad apparire su riviste importanti come L’illustrazione Italiana, sono commentate da grandi critici e quando esce il primo libro Fatalità e poi Esilio conquista anche il grande pubblico con l’appassionato vigore delle sue rappresentazioni commuove tutti i cuori cantando i poveri, gli umili, gli oppressi e anche i peccatori con una profonda sincerità e umanità. Nella maturità i successi personali sembrano andare di pari passo con quelli professionali: viene nominata professoressa per chiara fama e passa ad insegnare alla Scuole superiori, poi sposa un industriale di Biella e le nasce la figlia Bianca. Da questa esperienza nascerà, nonostante il fallimento del matrimonio, la tenera ispirazione del libro Maternità dove la poesia diventa sempre appassionata ma più lineare e distesa. Per esempio, in una lirica la poetessa descrive con tenerezza l’abbandono fiducioso della bambina nelle sue braccia oppure in un’altra evoca con nostalgia struggente la piazza di Lodi, esprimendo la sensazione di pace che la piazza deserta le suscita. La seconda maternità con la nascita di Vittorina le porterà il dolore della morte della piccola dopo appena un mese: queste esperienze di vita però indirizzano la sua poesia verso temi più intimi, toni più moderati e forme espressive più pacate.
Sarà una direzione nuova della sua ispirazione, in qualche modo irrefrenabile, tanto è vero che anche nelle opere successive continua questa prevalenza dell’introspezione, anche quando i toni sono appassionati come in Il libro di Mara (1918) dove la passione amorosa è espressa con toni quasi violenti mescolati con quelli più calmi. Così ad esempio in Notturno della luna la sua nuova ispirazione la porta anche a un contatto più intimo con la natura, come si rivela nella raccolta I canti dell’isola (1924 ), nella quale vengono rappresentate le bellezze dell’isola di Capri
Il centro della sua sensibilità poetica è sempre la vita umana nel suo seguire l’evoluzione del tempo che lei sente ormai accompagnare il declino stesso della sua vita. La sua vita biologica invecchia, le passioni si spengono e il suo sguardo si rivolge ai grandi temi della vita e della morte. Mano mano la sensibilità di Ada Negri si rivolge sempre più a Dio e la sua poesia diventa più contemplativa, come si vedrà nelle ultime raccolte di Vespertina e Dono. Non si tratta tuttavia di una meditazione altamente filosofica e spirituale, la sua religiosità è sempre più che altro un sentimento. Lo rivelano ad esempio alcuni versi di Pensiero d’autunno in Vespertina o in alcuni versi di Il Dono. Non si tratta in definitiva di una religiosità placida e tradizionale ma neppure di un’ascesa spirituale nutrita di meditazione filosofica. La Negri rimane sempre fedelmente intrecciata al suo sentimento di donna, tanto è vero che tra le sue guide spirituali sceglie la Storia di un’anima di Santa Teresina di Lisieux.
Contemporaneamente il linguaggio diventa sempre più classico, riecheggiando Carducci e Pascoli, e l’osservazione della natura è più placida. Certamente in questa nuova dimensione la sua attività artistica diventa sempre meno intensa e più tranquillizzante per lo spirito borghese e per il potere nelle sue posizioni ideologiche, tanto è vero che dopo essere stata la poetessa del quarto stato, diventerà Accademica d’Italia. Viene gratificata dal regime di Mussolini con l’attribuzione di un premio nel 1931 e poi nel 1940 con l’ammissione, prima donna in Italia, all’Accademia d’Italia, con i conseguenti onori della scorta e dell’auto. Del resto sulla vecchiaia di Ada Negri, che lei trascorre nel raccoglimento del paesino di Bollate in una piccola casa di Via Magenta per l’invito della figlia Bianca, ci dà testimonianza il ricordo di un’amica, la signora Pina Vimercati rimasta con lei in amicizia anche quando la poetessa andrà a vivere vicino Parma, a Gaione, e poi a Pavia, per morire infine nello studio della figlia Bianca, a Milano nel 1945.
L’amicizia con la signora Vimercati é intima e fedele tanto che lei ci dà un ritratto della giornata tipo della poetessa, ci racconta della sua irritazione, quando, secondo le disposizioni del prefetto, la gente del paese la chiamava “eccellenza”, dell’attività di corrispondenza e del tempo dedicato alla meditazione nel piccolo orto che per la scrittrice diventava un’oasi di tranquillità e anche della paura quasi irragionevole che lei provava per i bombardamenti, tanto è vero che proprio per questa paura si trasferì a Parma e poi a Pavia. Quando suonava l’allarme, scendeva nello scantinato portandosi i libri e gli scritti e rimaneva in silenzio fino al cessato pericolo.
Al di là di tutti rilievi che si possono fare, sia sul piano artistico sia su quello ideologico, anche in relazione a questa evoluzione o involuzione della testimonianza artistica di Ada Negri, certo è che la sua esperienza è soprattutto una esperienza di vita vissuta con tutto il carico di sentimenti di una donna. e delle limitazioni che la cultura del tempo imponeva.