Premetto che non intendo innalzare Draghi sugli altari come “unto dal Signore”, salvatore dell’euro e dell’Italia, ma sono infastidita da quanti lo etichettano come l’uomo dei poteri forti, un faccendiere in combutta con i peggiori finanzieri del mondo, concentrati sugli effetti delle borse e indifferenti al bene dei popoli. Costoro immancabilmente lo collegano alla Goldman Sachs, alle privatizzazioni, alle responsabilità nella crisi della Grecia… In una parola: Draghi ammanicato con la massoneria globale alla guida del mondo.
Non conosco i labirinti delle connivenze delle finanze e delle massonerie e perciò non mi allineo ai giudizi frettolosi di incompetenti come me che credono di essere i furbi che sanno come stanno veramente le cose, benché la realtà li e ci sorpassi di molto (Sutor ne ultra crepidam). D’altro lato Draghi è il Mister Europe che Kissinger cercava, l’uomo affidabile a cui i leader si rivolgono nei momenti di crisi, che cercano al telefono e che il pubblico europeo delle conferenze stampa ama per i suoi discorsi essenziali, liberi dal mare di parole superflue, capaci di incidere sul corso degli eventi.
La vita lo ha condotto per strade imprevedibili, dall’orfano che frequentava il collegio dei gesuiti, allo studente di cultura tedesca e poi americana, ai centri di potere dove si è fatto apprezzare dimostrando notevoli capacità in campo economico ma forse ancor più un raro equilibrio nel trattare gli affari e nei rapporti umani (si pensi quando era alla guida di istituzioni influenti quali la Banca d’Italia e la Banca centrale europea).
Se è arrivato alla presidenza del Consiglio in Italia è perché gli è stato chiesto dopo che la politica aveva fallito. Dal vertice Nato ha fatto il possibile per occuparsi di questioni riguardanti la vita del paese in epoca di crisi e imprevisti, lasciando in sordina le critiche, le lodi, le denigrazioni di chi ha sguardi di corto raggio.
So che mi inimicherò i più critici, ma confesso che Draghi mi è apparso in molte circostanze “un signore di fronte a un circo”, per come ha affrontato eventi imprevedibili e tenuto testa ai tanti mal di pancia di parti politiche litigiose, attaccate al proprio particolare e incapaci di guardare a quegli obiettivi più alti che il presidente invece intendeva perseguire. Quando il M5S è uscito dall’aula e non ha votato, Draghi è salito al Colle: ha pensato chiaramente che di restare non se ne parlava perché il suo governo era finito. Non era una caduta fragorosa: in fondo era un tecnico chiamato ad agire da politico. Ha seguito le procedure e i consigli di Mattarella fino alla fine. Molti hanno pensato che l’Italia si era giocata la sua ultima carta, ma credo che una persona come lui continuerà, come ha fatto finora, a sentirsi italiano, a fare il suo dovere, a puntellare la credibilità dell’Italia così spesso messa in discussione non solo dai Paesi del Nord Europa.
Tra una marea di politici che sgomita per ottenere incarichi, Draghi ha dimostrato grandissima correttezza e dignità, muovendosi con signorilità tra incarichi di prestigio senza mai rincorrerli, accettando di essere respinto senza manifestare moti di vendetta, o almeno di stizza. Con lui non abbiamo assistito al tran tran di accuse reciproche, accordi sottobanco, denigrazioni dell’operato altrui, proclami, rinvii, previsioni catastrofiche, risse da osteria. Sfiduciato ha lasciato col sorriso e ringraziato tutti; quando ha preso atto dei risultati delle elezioni, si è subito reso disponibile ad accogliere e aiutare, invitando i suoi ministri a consegnare i vari dossier aperti al nuovo governo e alla nuova premier (benché durante il suo governo schierata all’opposizione e benché non credo corrispondesse alle sue preferenze politiche); pronto a dare consigli se richiesti, incapace di scatti d’ira, sorridente di fronte agli applausi dell’aula che lo aveva sfiduciato e che, soddisfatta di essersene liberata, si mostrava infine bendisposta a dargli un riconoscimento consolatorio. Ci ha riportato ai tempi di De Gasperi affrontando weberianamente la politica come compito etico e vocazione (Beruf). Non possiamo tornare indietro. Draghi non è una icona per la galleria dei Presidenti del Consiglio italiani. E’ il testimone di una politica nobile, distaccata da ambizioni personali e di parte: rispetto di tempi e procedure, metodo e rigore nella spesa, rifiuto delle offese, assicurazioni positive e incoraggianti sul futuro, capacità di destreggiarsi nelle relazioni di alto livello in cui competenza e diplomazia, affidabilità, sono essenziali nell’intreccio di questioni politiche, economiche, commerciali e diplomatiche di un mondo globale cui non è possibile sfuggire perché è l’unico mondo esistente.
G.P. Di Nicola