a cura di Francesco Stoppa e Francesca Falcone, fotografie di Roberto Castrofino.
Che cosìè la tradizione? – si chiede nel risvolto della copertina Marzio Maria Cimini, che prosegue dandosi anche una risposta – Una domanda insolubile, che si è presentata mille e mille volte sul cammino di chi s’interroghi sui tempi moderni al cospetto del passato. A guardare le foto, a leggere i testi che compongono questo libro si potrebbe tentare, per approssimazione, una risposta: la tradizione è solennità e sorriso.- A me piace molto di più la definizione di Achille Bonito Oliva : tradizione è il passato stratificato. Dunque, la nostra storia, le nostre memorie, le nostre stesse radici, la nostra identità culturale.
Compito dell’antropologo e dell’etnologo è far rivivere tutto ciò nel presente, in noi, attraverso riti, magie, usi, costumi, sentenze, cibo, musica, balli, feste. Questo è il proposito del testo Abruzzo senza tempo di Francesco Stoppa e Francesca Falcone, pubblicato da Edizioni Menabò nel 2021 e corredato da un vasto repertorio di foto di Roberto Castrofino in bianco e nero che illustrano i vari aspetti della tradizione. Il bianco e nero fa perdere il cromatismo variegato ma fa acquistare in intensità espressiva e partecipazione emozionale.
–Attraverso le fotografie…e i testi...- lo dicono gli autori stessi, questo libro si pone come scopo la documentazione del ciclo calendariale, la principale realizzazione del CATA – CTT (n.d.r. : Centro di Antropologia Territoriale degli Abruzzi – Compagnia delle Tradizioni Teatine ), insieme al Museo dell’abbigliamento e delle Tessiture che illustra il mondo tradizionale di un territorio la cui essenza è conservata ora in un museo vivente. Ma il Patrimonio Culturale da conservare e trasmettere come “tradizione”, da trado latino, non è costituito solo da beni culturali materiali, bensì anche da quelli immateriali come le espressioni orali dei vari dialetti locali. Si tratta di un recupero anche interiore di quel substrato comune, che gli autori definiscono ontogenesi delle tradizioni. E affinchè il recupero e la fruizione non siano passivi ma esperienze pratiche, il CATA mira a costruire una rete di musei e corsi di cultura abruzzese, mentre la CTT, che è una sezione sperimentale del Centro, mira al coinvolgimento attivo e sensoriale degli astanti agli eventi del ciclo calendariale, anche attraverso abiti tradizionali riprodotti, ornamenti, gioielli e accessori.
Tra le feste del ciclo calendariale, che sono di 3 tipi secondo gli autori ( di propiziazione dell’anno nuovo con cancellazione del vecchio; di propiziazione e ringraziamento del raccolto; di contatto con il mondo dei defunti e con la sfera del soprannaturale), quelle che mi intrigano maggiormente sono la festa di S.Antonio eremita protettore degli animali e la celebrazione di S.Giovanni dei compari a fiori. Sono quelle cui ho assistito e partecipato anche emotivamente da bambina nelle campagne delle zie intorno a Teramo, perchè Antonio era il nome di mio padre e Giovanni quello di mio zio. Leggendo il saggio, ho appreso che il primo, festeggiato all’inizio dell’anno, ha la proprietà specifica di addomesticare gli animali, simboleggiati da un maialino che lo accompagna, e di favorirne la fecondità, di cui è simbolo la campana dalla forma uterina sulla sommità del bastone che ha in mano.
Il secondo, festeggiato nel solstizio di giugno, favorisce i legami di solidarietà necessari per i lavori della campagna che sono numerosi fino all’autunno e richiedono l’ausilio di molte braccia, assicurando lu scagnajùte con il forte legame di comparanza sancito da“un mazzolino magico composto di nove erbe con valore di magia dei numeri, lu ramajétte.
I miei occhi di ragazzina hanno visto con emozione quello che le foto testimoniano e comunicano con realismo ma anche con suggestione onirica, perchè, dicono gli autori, Castrofino non è con noi per catturare un’immagine ma per tramandarla o meglio trasmetterla avendo accettato di essere coinvolto e partecipe di una percezione collettiva della tradizione.