La Valle è attraversata da un torrentello, Fosso Grande, alimentato da fossi laterali fra cui uno, il più importante, porta il nome di Fosso S.Angelo. All’altezza di Nocella riceve le acque da Fosso Bianco un altro caratteristico fosso della montagna di Campli e da questo punto prende il nome di Fiumicino che a S. Nicolò confluisce nel Tordino.
Il sentiero si insinua tra Monticchio e la montagna delle Tre Croci terminando ad un valico detto la Forchetta a 1260 m . Il tracciato parte da Case all ‘Orso di Battaglia a 650m e segna una via importante e praticata per secoli di collegamento tra i villaggi montani come Macchia da Sole con Campli eTeramo .
Percorrendolo ci si imbatte in tre realtà di valenza storica e di cui vale la pena riportare qualche riflessione:
a) ruderi del convento dei SS.Mariano e Giacomo, b) toponimo di nome S.Eremo, c) toponimo di nome li Bifari.
Il primo è adiacente a Fosso Grande e si presenta come una struttura articolata. Una parte era adibita a mulino difatti è ancora visibile il locale che ospitava la ruota fatta muovere dalla spinta dell’acqua proveniente dal bacino di accumulo ancora evidente. È da notare che più a valle, a 300 m circa, vi è un altro mulino, anch’esso diruto, noto alle genti di Battaglia perchè ha lavorato fino al secolo scorso, quindi se si chiede dove sia il mulino l’indicazione ci porta a quest’ultimo.
Le notizie sul convento sono scarse; il Palma nella sua Storia ecclesiastica e civile della provincia più settentrionale del Regno di Napoli dice:
E’ degno di attenzione che alle radici de’ monti, sotto la grotta appellata S.Eramo, nelle pertinenze di Rojano, vicino Fiumicello, si discernano vestigj di fabbriche nella contrada ancora detta S.Mariano.
Vuole la tradizione che un terribile scoscendimento delle soprapposte montagne del Cimaltese e del Poggio (due volte a dì nostri rinnovato ) del quale restano le pruove nella denominazione delle Lame che ora hanno quei luoghi, e nei grossi abeti che vi si trovano sotterrati a grande profondità, avesse minacciato in modo il vecchio monastero e l’adjacente casale Rojano, che gli abitanti di questo si videro costretti a fondare un nuovo Rojano in sito più sicuro: i Monaci ad andare a stabilirsi in Nocella, seco portando la reliquia del Santo titolare.
Ho per vera sì fatta emigrazione, anche al riflettere che ne’ dintorni dell’antica S.Mariano stanno le principali possessioni della Badia, comechè diminuiti dopo una certa permuta col Can. Andrea Fumi, Vicario generale di Campli.
Comunque siasi, è indubitabile che in S.Mariano di Nocella la conventualità era estinta nel 1128…
La frana di cui parla il Palma si staccò da Monticchio, splendido cono con la cima a 1470m e ricoperto sul versante sud da un bel lecceto, e probabilmente si indirizzò sul versante est che guarda Case all’Orso. La data 1128 ci dice che il convento è molto antico e che almeno nel sec XI i monaci si insediaraono nella valle. Più avanti il nostro Autore dice:
… Il Vannuzj, prescrive all’Abate Giuseppe Manieri, ed al Rettore di S.Giacomo Giammaria Montorj, che ivi celebrassero la Messa festiva, un semestre per ciascuno: e permise a quei naturali lo scavare le sepolture.
Nella visita del 1587 S.Giacomo non avea peranco il fonte battesimale. Suppongo importante che S.Pietro di Colle-Orsello sia stata curata, unita di buon’ora alla Badia , e che ad essa si fosse surrogata S.Giacomo. Forse in questa s’impiegarono eziandio i materiali di S.Pietro, leggendosi sull’architrave della porta piccola l’anno 1403 il quale alla fabbrica di S.Giacomo autorizzata nel 1449 non può convenire.
Nell’eminenza in fatti che sovrasta alle Case all’Orso, tutta di proprietà dell’Abate, non si scorge alcun rimasuglio di Chiesa: sebbene di S.Pietro si fosse rispettata la memoria, col dipingere l’immagine di lui, insieme con quelle del nuovo titolare e de’ SS Mariano e Giacomo, nella Chiesa sostituita.
Questa erigendosi, si commise lo sbaglio di piantarla poco lungi da un torrente, po’ cui guasti, a giorni nostri, ha fatto mestieri abbandonarla e ricostruirla economicamente nell’interno della superiore Battaglia.
Non si era riflettuto che la soverchia legna, le quali tagliavansi alle lignature, vale adire il devastamento dei boschi avrebbe prodotto l’ingigantimento di quel ripido fosso.
La lettura di quest’ultimo stralcio ci dice che l’edificio conventuale venne riutilizzato per ospitare le chiese prima di San Pietro e poi di S.Giacomo però trovandosi contiguo a Fiumicello e sottostante ad un ripido pendio che nei tempi passati doveva essere spoglio a causa delle lignature, sottoponeva la chiesa ad azioni di natura idrogeologica che la rendevano insicura.
Recentemeente, nel 2021 è stato riaperto un bellissimo sentiero denominato dei muretti, opera realizzata un secolo fa, di esemplare maestria, che ha permesso un significativo miglioramento ambientale..
Oggi il versante, minaccioso un tempo, è ricoperto da una bella lecceta mista ad altre specie conifere e cipressi etc che rendono l’ambiente totalmente dominato dal verde e sicuro.
Andando oltre, si perviene alla seconda emergenza, in un punto in cui la valle stessa diventa più stretta e cambia direzione quasi a fare angolo: sotto una modesta parete rocciosa si colloca un toponimo, Grotta S.Eremo. La carrareccia che passa tangente le rocce fu opera degli anni ‘60 del novecento e nella sua realizzazione le ultime vestigia dell’eremo ne pagarono le conseguenze.
Di esso lo storico teramano Francesco Savini, nell’opera I Signori Di Melatino,notizie storico-critiche 1881, dice:
Questa Chiesa, detta pur S.Eramo, ed ora distrutta, esisteva già presso le scaturiggini del torrente Fiumicello e ’l villaggio Bifari ancor oggi scomparso. Nel luogo della Chiesa havvi una grotta appellata tuttora con l’antico nome di S.Eramo. Riguardo al patronato melatiniano sulla medesima, possiamo arguirlo vuoi per vederla posta nel territorio di Melatino e vuoi per quel che siam per dire. Invero vedemmo noi già (….) nel libro censuale del capitolo aprutino del 1348 alcuni della famiglia Di Gozzano godere del possesso di una parte del feudo di Melatino ed ora veggiamo in quel libro apparire il patronato de’ medesimi sulla Chiesa di S.Erasmo de Melatino…
Altri studiosi contemporanei però attribuiscono l’eremo fra le dipendenze di S.Angelo a Volturino, importante archicenobio sulla montagna dei Fiori.
A tal proposito, osservando la toponomastica, sono pervenuto alla conclusione che il nome antico sia S.Angelo di Nocella, successivamente cambiato in S.Erasmo.
Mi spiego:
- La scintilla è scoccata nell’osservare la cartina della Valle, fra i nomi dei numerosi fossi ve n’è uno importante che porta il nome di fosso S.Angelo e passa vicino al nostro eremo, e poichè non vi è altro possibile referente, ho supposto che il nome del fosso sia l’antico nome dell’eremo.
- Esiste un documento di Innocenzo IV del 1252 in cui si elencano i possedimenti e gli eremi dipendenti da S.Angelo a Volturino, l’elenco si chiude citando S.Angelo di Nocella.
Allora mi sono posto alla ricerca di S.Angelo alla Nocella ,ma ivi si notano solo SS. Mariano e Giacomo. Però un S.Angelo c’è, lo dice il Palma ricordando che un tempo la Nocella aveva tre porte : da capo, da piedi e S.Angelo a settentrione! Quest’ultima porta, ora non più esistente, si indirizzava verso la scarpata fluviale di Fiumicino, strada naturale per il nostro eremo.Il cerchio si stringe ancora. - È illuminante il libro di Raniero Giorgi : La grotta di S.Angelo e l’Ordine Eremitico di S.Benedetto. In uno degli ultimi paragrafi si legge : Con la fine del secolo XIII intanto, incomincia il processo di disgregazione del patrimonio degli eremiti, causato dalla dilapidazione che i Priori Generali, seguendo il triste esempio di Ildebrando e Campone,famigerati abati di Farfa, andavano operando.
Da un’energica lettera, spedita al Vescovo di Teramo da Bonifacio VIII il 26 marzo 1302, veniamo a conoscere infatti che alcuni priori avevano ceduto a chierici e laici -decime,terre,case, vigne,selve, prati, molini …
I Melatino potrebbero aver colto il momento opportuno per ampliare il loro feudo incamerando S.Angelo di Nocella, il che determinò anche il cambio di nome da S.Angelo in S.Erasmo. Monticchio era detta la montagna dei Melatino, non lontano il colle dei Melatino coll’omonimo Castello, la Nocella con la splendida torre. Tutto ciò ci ricorda che questi luoghi furono la culla del loro feudo.
Ormai quasi alla Forchetta vi è una zona pratosa e pianeggiante, circondata dal bosco: sulla carta vi è segnato un rudere, Casa Menghini, più in là un toponimo, i Bifari.
Il nome di questa valle per la gente di Battaglia è li Bifari o anche lu ciardin ; ilcambio di nome in valle degli scoiattoli è una acquisizione recente.
Villa Bifari era un abitato ora scomparso: è quello che vien fuori se si chiede.
Ad una decina di metri da Casa Menghini, invece, in un boschetto, se si guarda attentamente fra le radici degli alberi ed i muschi che ricoprono il terreno, ecco che la Villa riemerge da quei lontani anni di metà seicento, quando per combattere il banditismo il governo di Napoli fece distruggere più d’un villaggio di questi monti.
Pancrazio Palma dice in Compendio della storia civile del Pretuzio detta nei bassi tempi Aprutium (ed. 1856)
In una nuova numerazione dei fuochi ordinata nel 1656, ma inviata nel 1658, allorchè cessò il contagio, s’incontra più di un profugo a causa delle passate rivoluzioni.
Per Villa Bifari nei pressi di Battaglia si porta un sol fuoco per essere stata desolata ai tempi del preside Pignatelli, insieme con altre che avessero avute meno di dieci famiglie.
Ciò spiega cosa fossero le demolizioni delle fortificazioni dei banditi riferite dal Parrini, cioè la distruzione di abituri di poveri villani.
Con un po’ di attenzione si intuiscono profili di muri a pietra ormai al pari del terreno, fra le radici coppi, frammenti di ceramiche , chiodi, insomma una foto di quasi 400 anni fa.
Se ci si affaccia sulla Valle e si guarda in direzione del mare, la valle si chiude su S.Eremo (S.Angelo) e si ha l’impressione che sia stato messo lì a protezione degli abitanti di questo antico nucleo.
Guardando le pareti rocciose della montagna di Campli, si nota lo sviluppo verticaleggiante di un bel sentiero denominato ciammarichella in ricordo di un brigante dei primi dell’ottocento.
Oltre la Forchetta, una grotta appollaiata sotto le murate è detta dei Briganti, dove qualcuno vi trovò un tesoro e si arricchì
P.S. Il Comune di Campli, in collaborazione con il CAI Val Vibrata, si è adoperato egregiamente al ripristino dei sentieri e della segnaletica, rendendo la montagna più facilmente praticabile.
In rete è disponibile la carta dei sentieri all’indirizzo:
https://montigemelli.it/cartografie/openlayers.html