Due secoli fa veniva decifrato il documento marmoreo noto come Stele di Rosetta, scoperto nel 1799, che ha consentito di svelare il mistero della scrittura geroglifica e con essa la cultura e la vita di una delle più antiche cività.
La scoperta rappresenta il risvolto positivo di una guerra di conquista. Nel 1798, infatti, la Francia iniziò la “Campagna d’Egitto” guidata da Napoleone Bonaparte, una guerra che mirava a colpire l’Inghilterra, che vantava interessi nel Paese africano. Durante la costruzione del Fort Julien presso il villaggio El-Rashid (tradotto con “Rosetta”) sul delta del Nilo, un soldato del genio della compagnia al comando del generale Pierre Francois Bouchard trovò una lastra in granodiorite, granito grigio rosato, risalente al 196 a.C., di grandi dimensioni: alta 1,13 m, larga 75 cm ca., e spessa 28 cm.
Il generale ne intuì l’importanza e la portò al comandante; questi capì di trovarsi di fronte a un documento importantissimo e ne fece fare delle copie. La stele contiene una iscrizione divisa in tre parti: la prima nell’antica grafia geroglifica, considerata la lingua degli dei e usata solo per i monumenti e gli atti importanti (è la parte più danneggiata), composta da 1.419 geroglifici; la seconda di 32 righe in egiziano demotico, lingua corrente del popolo; la terza di 54 righe scritta in greco, lingua del re Tolomeo V Epifane, discendente di Tolomeo I, generale di Alessandro Magno.
Dopo la Battaglia delle Piramidi, Napoleone si apprestava a portarla in Francia, ma l’esercito francese rimase intrappolato per due anni dalle truppe inglesi e venne sconfitto dalla flotta dell’ammiraglio Horatio Nelson nella baia di Abukir. A questo punto il bottino di guerra dovette essere ceduto agli inglesi che lo portarono a Londra. Nel 1802 la stele venne donata da Giorgio III al British Museum, dove si trova attualmente, con l’iscrizione inizialmente colorata in gesso bianco per facilitarne la lettura; mentre una copia è custodita nel Museo del Cairo e un’altra è esposta nel Museo egizio di Torino.
Lo studio del reperto inziò subito a cura degli studiosi francesi al seguito della spedizione, primo fra tutti il giovane (era nato nel 1790) Jean Francois Champollion, ma dopo il trasferimento in Inghilterra il linguista francese continuò la sua analisi sulla copia di Torino. Intanto un altro studioso inglese, Thomas Joung, aveva intuito che il testo delle tre iscrizioni era lo stesso e nel 1819, confrontando i nomi dei sovrani Tolomeo V e Cleopatra III, era riuscito a decifrare il testo in demotico, trovandosi più avanti del collega francese. Ma nel 1822 Champollion, avvalendosi anche delle sue ampie conoscenze delle lingue orientali e specialmente del copto usato nel tardo Egitto, capì la base del linguaggio più antico, che non aveva solo un significato pittorico e idiografico, ma anche valore fonetico, riuscendo a decifrare il sistema di scrittura dei geroglifici. In ciò fu anche aiutato dalle iscrizioni di due piccoli obelischi rinvenuti nell’isola di Philo, contenenti iscrizioni parallele in greco e geroglifico con il nome di Tolomeo II Evergete e della consorte Cleopatra, che, confrontati con il testo in demotico, facilitarono il lavoro dello studioso. Sulla sua scoperta Champollion scrisse la Lettre à M. Dacier, in cui descriveva anche il contenuto della stele. In seguito creò una grammatica dell’egizio antico e un dizionario geroglifico.
La stele era stata voluta dai sacerdoti del tempio di Memfi in segno di gratitudine per il restauro del tempio di Phtà. Si tratta di un elogio della politica di Tolomeo V, che aveva portato prosperità all’Egitto, e di apprezzamento perchè Tolomeo, che era di origine e cultura greca, dimostrava di rispettare le tradizioni e la religione degli egiziani. Nel testo vengono enumerati i suoi meriti come la riduzione delle tasse, la concessione di cereali al popolo, la liberazione di prigionieri, il restauro di antichi templi, la sconfitta dei nemici. Tolomeo il difensore d’Egitto viene equiparato ai faraoni e considerato come il dio Epifane; si decretano inoltre la posizione di una sua statua in ogni tempio e festeggiamenti per l’anniversario della nascita e dell’incoronazione del re. Il testo afferma che il decreto doveva essere scritto in pietra in tre versioni: una sacra, una documentale e una in greco.
Da molti anni l’Egitto reclama la restituzione della stele, ma gli inglesi rispondono che a Londra ha una visibilità maggiore dato il gran numero di turisti che si recano ad ammirare questo reperto, assieme a molti altri che arrichiscono il museo londinese.