di Viola Ardone, Einaudi, 2021
Sicilia, anni ’60 . Oliva, la protagonista della storia, appartiene ad una famiglia tradizionale, formatasi dalla fuitina dei genitori . Ha una sorella più grande e un fratello gemello. Sin da quanto ha memoria, Oliva sa che c’è differenza tra uomo e donna: la ‘donna è una brocca e chi la rompe se la piglia’ le ripete la madre come un mantra.
Si muove in un paese piccolo e pettegolo dove il prima e il dopo, per una ragazza, vengono scanditi dal “marchese”, dal diventare signorina, dal crescere da un giorno all’altro e ritrovarsi donna. È un momento di festa e una maledizione, perché da quel momento cambia tutto. Oliva vorrebbe continuare a giocare con Saro – suo amico d’infanzia – e andare con il padre alla ricerca di lumache e rane, da vendere al mercato.
Non le è più concesso. Non può più correre a scattafiato, deve camminare dritta e con gli occhi bassi per non attirare gli sguardi dei maschi. “La donna singolare non esiste. Se è in casa, sta con i figli, se esce va in chiesa o al mercato o ai funerali, e anche lì si trova assieme alle altre. E se non ci sono femmine che la guardano, ci deve stare un maschio che la accompagna.” . Ha pensieri, dubbi, sensi di colpa e tante incertezze legate al suo essere donna senza aver scelto di nascere così.
Oliva ama studiare, è brava a scuola ma studiare non serve, non c’è bisogno di studiare: alla donna viene richiesto di trovare un buon marito, fare figli e badare alla casa, senza avere grilli per la testa.
Non sa se il matrimonio sia una buona cosa, ma sembra sia l’unica strada concessa a una donna e per questo deve mantenersi pura. Io non lo so se sono favorevole al matrimonio. Per questo in strada vado sempre di corsa: il respiro dei maschi è come il soffio di un mantice che ha mani e può arrivare a toccare le carni.
Eppure la sorella sposata non sembra felice tra le mura di casa, nascosta dietro una finestra e le amiche si rassegnano a sposare un uomo conosciuto per corrispondenza, con i matrimoni combinati dalle famiglia. Oliva non può più frequentare l’amica Liliana, barlume di modernità, malvista dal paese, perché figlia di comunisti, con una madre che lavora e con i suoi vestiti troppo audaci: Oliva deve comunque difendersi dai maschi per arrivare intatta al matrimonio.
Quando il tacito sistema di oppressione femminile in cui vive la costringe ad accettare un abuso, Oliva si ribella e oppone il proprio diritto di scelta, pagando il prezzo di quel no.
La storia- storia di tante donne nell’Italia del delitto d’onore, della lupara per vendicarsi, del matrimonio riparatore, della cosiddetta “paciata”, storia di un’Italia sbagliata eppure accettata dalle donne e uomini – è raccontata in prima persona da Oliva: con le sue parole e i suoi pensieri scopriamo i conflitti che vive dentro di sé e seguiamo il rapporto speciale con il padre, figura fondamentale nel suo processo di formazione, uomo di poche parole, quasi senza qualità, quasi vittima della moglie e delle convenzioni sociali, ricco invece di forti sentimenti e con tanta voglia di vedere la figlia felice,
Viola Ardone trasforma magnificamente la Storia in storia raccontando le contraddizioni dell’amore, tra padri e figlie, tra madri e figlie, e l’ambiguità del desiderio, che lusinga e spaventa, soprattutto se è imposto con la forza. La sua scrittura scandaglia la violenza dei ruoli sociali, che riguarda tutti, uomini compresi, descrive magistralmente l’evoluzione della giovanissima protagonista, il coraggio di infrangere la ‘ tradizione’, di prendere consapevolezza della propria forza e della capacità di autodeterminarsi e di opporsi alla sopraffazione. Il modo di raccontare, spezzato in periodi brevi, incredibilmente ritmico , proietta il lettore proprio all’interno della storia e i personaggi balzano fuori dalle righe, vivi nelle diverse sfaccettature attraverso parole semplici, riflessioni di buon senso, modi di dire che divengono quasi proverbiali e anche silenzi solo in apparenza rassegnati.
P.S. Di Viola Ardone segnalo anche Il treno dei bambini : un libro bello, forte e commovente.