“No Oxford, only street!” : questo il sarcastico commento di Oscar Wilde nel percorrere per la prima volta quella che è considerata tuttora la spina dorsale di Londra.
Lunga quasi due chilometri, si estende da Tottenham court road fino a Marble Arch e due secoli fa era via fangosa, percorsa incessantemente da carrozze e costellata di mercati, di locande di dubbia fama e di negozi. E proprio in uno di questi Harry Gordon Selfridge, un eccentrico imprenditore americano in visita in Europa nel 1888, notò il poco garbo con cui gli addetti alla vendita erano soliti rivolgersi ai clienti che volevano “solo osservare”.
Due decenni più tardi, nel 1909, Selfridge era di nuovo a Londra per inaugurare l’omonimo grande magazzino in Oxford Street, in posizione strategica perchè vicino ad una nuova linea metro.
La struttura si estendeva per sei acri e, al posto delle solite vetrine,, vennero installate delle enormi lastre di vetro, mai viste prima in Europa, al di là delle quali fu allestita una sontuosa esposizione.
Iniziò così un nuovo modo di concepire lo shopping: non più articoli disposti o ammucchiati su scaffali raggiungibili solo con l’uso di una scala. Grazie alla nuova politica chiamata “ingresso libero”, tutti potevano entrare anche solo per “dare un’occhiata”. Niente lettere di presentazione o inviti perchè Selfridge non voleva mai avere a che fare con l’esclusività e lo snobismo; inoltre il magnate americano fece di tutto per rendere “popolare” l’aforisma “il cliente ha sempre ragione”.
Presto si rese anche conto, prima di tanti altri dettaglianti, che era importante far leva soprattutto sul pubblico femminile, più propenso a dedicare tempo allo shopping, nel momento in cui le donne cominciavano ad acquisire potere economico e sociale; di qui l’idea di dotare l’enorme struttura di una sala da thè, di un posto di ristoro per un veloce spuntino, o, perchè no, di confortevoli toilettes per i clienti che intendevano passare una giornata in metro.
Dopo i Selfridges, altri grandi magazzini aprirono i battenti sia in Oxford Street sia in altri quartieri londinesi; uno fra i più noti era Harrods, che da modesta drogheria dell’East End diventò presto l’esclusivo negozio dell’elegante Brompton Road.
Ma si sa, i tempi cambiano. E con la possibilità di una gita fuori porta, i londinesi hanno preferito i grandi centri commerciali, lasciando i Departement Stores – come si chiamano in inglese i grandi magazzini – ai turisti.
Ma neppure il lungimirante Selfridge poteva immaginare che il commercio on line e i lunghi mesi di lockdown dovuti alla pandemia avrebbero determinato la cessazione dell’attività dei nomi più prestigiosi della capitale nel campo delle vendite.
Sull’argomento verte il recente articolo di Enrico Franceschini su “Repubblica” di qualche settimana fa: “…già ora, mentre vanno in crisi i magazzini generalisti, sulla via dello shopping e nelle strade adiacenti prosperano quelli specializzati in un singolo prodotto, che sia l’abbigliamento sportivo, vedi il megastore della Nike, o l’arredamento, vedi il punto vendita Ikea…”.
I Selfridges subiranno a breve un cambiamento radicale; un progetto prevede la creazione di un hotel di lusso, di una multisala e di appartamenti stile residence, con un conseguente ridimensionamento dell’area vendite.
Quindi, il negozio di una volta ha di nuovo un ruolo notevole ed ha la meglio sui grandi punti vendita.
Quanto ad Oxford Street, il suo futuro prevede una totale pedonalizzazione entro pochi anni e sarà raggiungibile grazie ad un treno ad alta velocità.
L’attuale incruenta rivoluzione, una delle tante che hanno contrassegnato la vita sociale e politica dell’isola d’oltremanica, non è altro che il risultato di un riuscito confronto fra pianificazione pubblica ed impresa privata. E da una metropoli ineffabile e viva come Londra, che sa sempre come reinventarsi anche dopo “l’ora più buia”, c’era da aspettarselo!