Il dibattito sul nuovo Ospedale teramano è sempre più confuso e contraddicente, ed è finito (prevedibilmente) con il frammentarsi in mille rivoli teorici. Il tema è certamente vibrante ed anzi giunge severo l’obbligo di coinvolgimento democratico e di informata dialettica tra le parti. Eppure, il confine tra la prudenza e l’immobilismo (per scelta, ossia per paura di prendere una decisione vista la delicatezza della questione -che nasconde anche una paura in prospettiva elettorale) è sottile ed al momento non paiono delinearsi limpidamente i confini tra i due piani.
Per cercare di mettere un po’ di ordine, oggi, poniamo sul tavolo del dibattito pubblico, delle domande a cui, ci si augura, seguiranno delle risposte dagli organi preposti alla cura dell’interesse sanitario territoriale.
La prima è: quante risorse a disposizione ha la Regione? Nel vuoto bailamme della cronaca politica, di numeri ne abbiamo avuti di ogni quantità. Quindi, in primis, chiarezza sulla quantità di finanziamento che si ha in dotazione e soprattutto della precisa stima dei costi complessivi che dovrebbero essere sostenuti sia nella opzione di un nuovo nosocomio (all’altezza della prospettiva futura), sia nella opzione di reingegnerizzare il Mazzini.
La seconda è: se il Mazzini non verrà dislocato, in un regime di finanza pubblica condizionato dai vincoli di spesa pubblica e di progressiva diminuzione degli stanziamenti di bilancio in materia sanitaria, come si gestiranno cinque ospedali territoriali se, com’era originariamente, il disegno di legge di razionalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale era concepito per risistemare e ridurre proprio il numero dei nosocomi? La questione è intrigante e complessa, e dall’ultima bozza -spifferata e mai più rivista- firmata dall’Assessore regionale, ovviamente la provincia di Teramo vedeva una ulteriore diminuzione non solo del numero, ma anche della qualità dei presidi sanitari (quindi una razionalizzazione in termini di taglio alla spesa e quindi dei servizi offerti e non di efficientamento degli stessi);
la terza è: come si ha intenzione di gestire, l’anzidetto, processo di razionalizzazione della rete sanitaria provinciale? Con quali e quante risorse abbiamo a che fare? Il progetto dell’ospedale teramano, considerato che siamo ancora -più formalmente che sostanzialmente- un capoluogo di Provincia, è asse attorno a cui ruotano i destini degli altri nosocomi e di tutte le aziende sanitarie sparse sul territorio. Considerato che al pronto soccorso di Sant’Omero, nel mese di agosto, era disponibile UN solo medico, come si ha intenzione di sistemare tutta quella rete capillare di presidi sanitari che il Ministero della salute ha indicato nella sua programmazione? Quindi, la discussione sul futuro del Mazzini deve necessariamente entrare in un quadro di più ampio respiro.
La quarta: Teramo deve avere un ospedale di II Livello. Quale dei due progetti è più conveniente: ristrutturare il Mazzini, tenute in considerazione i necessari adeguamenti in materia di sicurezza sismica e di efficientamento energetico oltre che di efficientamento tecnologico, ovvero costruirne uno ex novo che nel progetto già incorpori gli adeguati standard strutturali? E poi, come si ha intenzione di recuperare il Mazzini? (si cercano risposte supportate da documentazioni tecniche, non mere petizioni di principio). Quanto tempo impiegherebbe la costruzione di un nuovo ospedale? Ovvero quanto ne impiegherebbe la ristrutturazione di quello già esistente? E nel mentre, dove si svolgerebbe l’ordinaria “vita” sanitaria teramana? In quale sede?
Quello che più preme, a chi scrive, è la garanzia che le scelte dei decisori siano, non solo mosse dallo spirito al servizio del solo interesse pubblico, ma che soprattutto garantiscano la salvaguardia dei Livelli Essenziali di Prestazione, nonché dei Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria che, allo stato odierno -visti i tempi di attesa per visite ed operazioni anche si significativa importanza- dovrebbero essere riconsiderati.
Il primato, per noi, è sempre e solo il cittadino. Salus Rei Publicae.