La campagna vaccinale per contrastare la pandemia Covid-19 ha scatenato numerose manifestazioni di gruppi di cittadini “no vax” e un acceso dibattito sul tema della libertà. I contrari al vaccino si appellano all’art. 32 della Costituzione, che stabilisce da un lato l’obbligatorietà dei trattamenti medici in vista del bene collettivo, dall’altro la possibilità di sottrarsi a cure o trattamenti contro la propria volontà.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività ….
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto per la persona umana.
I sostenitori della posizione “no vax” si appellano al diritto dell’individuo, mentre gli organi di governo attribuiscono maggiore importanza all’interesse della collettività. La questione non è di poco conto perché ripropone l’annoso conflitto tra sfera pubblica e sfera privata. Tale divergenza è resa possibile dallo stesso concetto di libertà, che non è univoco e si è modificato attraverso i secoli.
In Grecia e a Roma, lo stato/la società è più importante dell’individuo: colui che gode dei pieni diritti è innanzitutto un cittadino, membro organico di una società, al contrario dello schiavo o dello straniero. Ma già nell’Atene del V secolo si evidenzia il conflitto tra le due tendenze, nello scontro culturale tra i Sofisti e Socrate: da un lato i sofisti sostengono la relatività della conoscenza e dei principi morali (il bene è l’utile di ciascuno), dall’altro la posizione intransigente di Socrate, secondo cui si deve obbedire alle leggi anche se sono ingiuste.
In tutte le società antiche il cittadino in quanto tale è subordinato allo stato e non è considerato come singolo; ma con il Cristianesimo si afferma la preminenza della persona. Il concetto di peccato esalta la responsabilità individuale: l’uomo è libero di aderire o meno al messaggio evangelico, ciascuno risponde delle sue azioni e la sfera individuale si qualifica prima di tutto come dimensione spirituale.
In generale possiamo affermare che la libertà si configura secondo due dimensioni: quella interiore (spirituale, morale) e quella esteriore (materiale).
Sotto l’aspetto spirituale la libertà si declina come libero arbitrio, come esigenza, ma anche come processo o ricerca per conseguire la libertà cui si aspira; parliamo allora di libertà di pensiero, di espressione delle proprie idee, di professare la propria fede religiosa, etc.
Sul piano esteriore la libertà come status giuridico appartiene all’individuo in quanto facente parte di una comunità. Tutti gli aspetti della libertà, o se vogliamo tutte le libertà, sono essenziali per ciascun individuo anche se bisogna distinguere i bisogni a cui corrispondono.
Il concetto di libertà si specifica come libertà di e libertà da. In base al primo significato possiamo parlare di possibilità di agire, di esercitare le prerogative di cittadinanza: libertà di pensiero e di espressione, libertà di esercitare un’attività, di muoversi liberamente, etc.. La libertà da è la possibilità di cogliere le opportunità di attuare un progetto di vita o di migliorare la propria condizione. Sul piano civile è fondamentale la libertà dalle costrizioni sociali (usanze e atteggiamenti particolarmente lesivi per la persona) e politiche (regimi dittatoriali a carattere civile o con fondamenti religiosi), ma per alcuni (Marx, teorici e gruppi socialisti) è primaria la libertà dal bisogno: non può esservi libertà nella povertà; cosa può desiderare colui che versa in miseria se non di essere “liberato” dalla sua condizione per vivere una vita dignitosa e sicura?
Si tratta, però, dei bisogni essenziali, non di quelli indotti dalle spinte della società dei consumi; una distinzione che emerge anche nell’omelia dell’Epifania di papa Francesco, che ha invocato la liberazione dalla “egemonia del bisogno”. Infatti la ricerca di soddisfare ogni tipo di bisogno “non naturale e non necessario” (v. Epicuro) genera dipendenza dall’istinto e priva della libertà di scegliere. Ugualmente importante è il bisogno di essere liberati dalle malattie: il malato non è in grado di esercitare alcuna libertà, pensiamo ai reparti di terapia intensiva soprattutto nel primo periodo di pandemia. Questa libertà viene invocata da coloro che sostengono la necessità di arginare la pandemia, tramite la vaccinazione.
La rivendicazione della libertà personale si è affermata nel corso di secoli sulla base delle riflessioni di alcuni grandi filosofi, parallelamente all’evoluzione delle forme politiche nell’Europa moderna. In particolare è stato il liberalismo tra Sette e Ottocento a sostenere la conquista della cosiddetta libertà negativa, quella secondo la quale ciascuno è libero di attuare i propri desideri e bisogni, purché non venga lesa l’uguale libertà altrui: “la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri” (cfr. Locke).
Quella liberale non è una posizione del tutto astratta; certo risponde a una visione dell’uomo individualista in quanto riconosce la diversità individuale e quindi la possibilità per ciascuno di perseguire il proprio interesse, ma afferma la necessità del rispetto degli altri e la possibilità di una convivenza sociale armonica su questa base (A. Smith sosteneva che il benessere di ciascuno è alla base del benessere di tutti).
Del resto, non si può non riconoscere che la libertà assoluta non esiste: ogni individuo nasce in un territorio e in una famiglia che ne segna la visione del mondo, i valori, la lingua, la religione, anche i gusti. Allora la libertà in che cosa può identificarsi? Io penso che risieda in quello spazio che ciascuno riesce a ritagliarsi entro i succitati condizionamenti, tale da consentirgli di riconoscere e mantenere la propria identità personale, senza lasciarsi “condizionare” (assoggettare) da pregiudizi, mode passeggere, falsi valori, all’interno di una società al cui progresso contribuisce e che lo sostiene e lo valorizza.
Negli ultimi tempi si è diffuso un movimento denominato “neocinismo”, che nell’assumere posizioni assolutamente soggettivistiche, finisce per orientare verso scelte liberticide; infatti se ognuno si sente libero di agire come vuole, collide inevitabilmente con la libertà di chi persegue altri bisogni. Si configura in questa prospettiva la condizione di guerra di tutti contro tutti (homo homini lupus), descritta da Hobbes, che potrebbe avere come esito una soluzione autoritaria sul piano politico e sociale. A tale prospettiva si oppone la visione di Aristotele, secondo cui l’uomo è per natura un essere sociale e si realizza pienamente all’interno di una comunità: solo Dio e i bruti possono stare da soli. Ancora più forte e significativo il messaggio cristiano, che non si rivolge a singole individualità bensì alla comunità dei credenti: Dio chiama l’ uomo a vivere in comunione con Lui e con i suoi simili.
Il discorso sulla libertà è lungo e complesso, ma – sotto qualunque aspetto la si consideri – la libertà si determina sempre in rapporto a un contesto sociale, al di fuori del quale non avrebbe senso rivendicarne il diritto; perciò il conflitto tra pubblico e privato si può risolvere riconoscendo il legame che li unisce, al fine di conseguire una libertà che sia di ciascuno e di tutti.