“I giorni difficili trascorsi per l’elezione del Presidente della Repubblica, nel corso della grave emergenza che stiamo attraversando, richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri a cui si è chiamati e devono prevalere su prospettive personali differenti, con l’impegno di interpretare attese e speranze dei nostri concittadini”.(https://www.fanpage.it/)
Così l’ufficialità del discorso del rinnovato Presidente, che non riesce a far dimenticare ai cittadini le irritazioni per le sceneggiate di una politica guidata da leaders senza seguaci e strategie. Incapaci di gestire il rinnovo della Presidenza hanno dato l’impressione di usare i giochi della I repubblica sacrificando sull’altare di una presunta maggioranza relativa cittadini di tutto rispetto e persino la seconda carica dello Stato, la Casellati. I cittadini hanno letto nell’arrière pensée dei deputati la data del 29 settembre: oltre quattrocento onorevoli non intendevano rinunciare alla pensione. Sette mesi di stipendio in più da salvaguardare ad ogni costo: avrebbero votato chiunque pur di non accelerare il ritorno al voto.
La democrazia parlamentare, ferita in questi ultimi anni, è apparsa nella sua fragilità perché poco rappresentativa. D’altronde chi ha selezionato questa classe dirigente? Non le strutture territoriali partecipative, ma il volere di pochi leaders di partiti cui importava più l’affidabilità delle appartenenze che la qualità dei rappresentanti. Fiasco in entrambe le direzioni: appartenenze variabili degli oltre trecento cambi casacca e rivolta dei franchi tiratori (i peones). Ultima sceneggiata penosa: la corsa ad appropriarsi del risultato.
In realtà il politico che ha mediato sembra essere stato lo stesso Draghi, che in corsa ha capito che sarebbe stato meglio non cambiare Presidente. Ex post: voto plebiscitario e lunghi applausi cinesi sono tornati in scena. Uno spettacolo poco attrattivo, per usare un eufemismo.
Il terremoto ha lasciato tutto al suo posto?
Non credo. A parte il redde rationem dentro la lega, i 5stelle e anche dentro il PD, ci sono almeno tre novità: un presidente arzillo, che ha fatto capire che al timone rimarrà lui. Un Draghi che ha ripreso le redini e chiesto verifiche a tutti i ministeri. Un mondo politico più consapevole delle sue fragilità.
Per non chiudere in negativo preferisco credere anzi sperare che alcuni punti chiave del Mattarella bis possano essere raccolti come obbligazioni di cittadinanza per tutti:
- Il pensiero è rivolto a tutte le italiane e gli italiani in sofferenza, che si attendono dalle istituzioni sostegno e risposte al disagio.
- La lotta contro il virus che, con la campagna di vaccinazione, ha ridotto i rischi ma che non consente disattenzioni.
- Le sfide: prezzi dell’energia e dialogo con i popoli vicini (“Dobbiamo iniziare a costruire, in questi anni, l’Italia del post-emergenza: un’Italia più giusta, più moderna, intensamente legata ai popoli amici che ci attorniano”)
- L’urgenza della riforma della Giustizia e della Magistratura
- L’impegno ad azzerare le morti sul lavoro come pure ad affrontare i problemi delle persone disabili
- La lotta contro: antisemitismo, razzismo, tratta degli esseri umani, mafie, criminalità, violenza sulle donne” (“piaga profonda e inaccettabile”);
- La difesa del diritto alla vita dei migranti
- La conciliabilità tra lavoro e maternità
- L’impegno ad evitare il sovraffollamento delle carceri
- La rinnovata fiducia una democrazia che non si lascia abbagliare dai regimi autoritari e autocratici che appaiono più efficienti
La conclusione, almeno negli auspici, ha interpretato i sentimenti di sollievo e di volontà di ricominciare , con applausi scroscianti anche da chi non ha votato per il Mattarella bis: “Noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica. Viva la Repubblica, viva l’Italia”.
Non ci resta che sperare che ciascuno faccia la propria parte