E’ stato definito un “tempo sospeso”, quello che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo, da quando sul nostro pianeta ha fatto irruzione la pandemia da Covid 19. Il Covid, in effetti, ha creato una condizione nella quale appare evidente la sospensione del tempo, caratterizzato dal ripetersi di rituali nei quali le notizie preminenti sono i contagiati, i guariti e i morti. Il tempo sospeso ci pone in una situazione che ci fa vedere il passato come positivo e rassicurante, un presente difficile e un futuro incerto e pregno di preoccupazioni.
Nella solitudine dei lunghi giorni del lockdown, confinati nelle esclusive relazioni famigliari ed affidati a rapporti esterni virtuali grazie alla tecnologia, abbiamo atteso e sperato di vedere prima possibile una luce in fondo al tunnel. Quella luce, contro ogni più ottimistica aspettativa, si è accesa quando la scienza e la tecnologia sono riuscite mettere a nostra disposizione l’ancora di salvezza costituita dai vaccini. Nei momenti terribili, nei quali poco si sapeva della natura del virus e poco si sapeva su come arginarlo, nella coscienza collettiva l’attesa di un vaccino o di un farmaco efficace era forte ed unanime. Di fronte alla “tempesta sanitaria”, inoltre, si è creato un sentimento di unità, ammirazione e gratitudine per il personale sanitario e tutti gli operatori impegnati, la volontà di fare un fronte comune di resistenza e di resilienza al grido “ce la faremo”.
Eppure, una volta avviata la imponente campagna vaccinale, abbiamo dovuto prendere atto della presenza di una parte di popolazione, per quanto estremamente minoritaria, che ha rifiutato di sottoporsi alla vaccinazione. Sarà per paura, per pregiudizio, per ragioni ideologiche? Sta di fatto che il non completamento vaccinale della popolazione, favorisce il replicarsi e la diffusione del virus, con gravi rischi di contagio per vaccinati e non vaccinati.
Le tante manifestazioni di questi giorni, di Roma con l’assalto alla sede della CGIL, il blocco al porto di Trieste ed altre piazze in contestazione, hanno messo in luce problemi e contraddizioni di questo tempo per effetto della pandemia e delle sue conseguenze. La pandemia ha risvegliato le paure più irrazionali, che hanno trovato casa in una costruzione di teoremi, di complotti sovranazionali senza alcun fondamento. Ragioni più diverse, non ultime quelle politico-ideologiche, hanno innescato poi una rivolta contro le decisioni governative sull’uso del green pass, adottato come misura di compromesso rispetto all’obbligo vaccinale. Il vaccino e la questione green pass, in qualche modo, hanno diviso il Paese, tra quelli favorevoli e quelli contrari al vaccino ed anche al green pass e, paradossalmente, la questione “no-vax” ha creato distinzioni e divisioni anche all’interno delle famiglie, in un difficile confronto generazionale.
Il fronte no-vax, purtroppo, ha trovato anche le sue sponde sul fronte politico e culturale, dove anche uomini di cultura ed aree politiche hanno offerto direttamente e indirettamente sponda e sostegno alla protesta. Troppi cattivi maestri, si direbbe, che hanno appoggiato il movimento no-vax, condividendo, nei fatti, le loro tesi ed accuse antilibertarie e cospirative.
Si dice che dopo il Covid il mondo non sarà come prima, una consapevolezza percepita nell’opinione pubblica che esprime il desiderio, l’attesa di un tempo nuovo, di una società migliore. Nonostante i tanti problemi, nonostante la pandemia non sia stata debellata, tuttavia, non mancano segnali incoraggianti. Il Piano di resilienza (PNRR), con i suoi massicci investimenti, il PIL previsto in crescita, atteggiamenti di rinnovata fiducia, la percezione di una vita che riparte ci consentono di uscire dal “tempo sospeso” ed aprirci al tempo della fiducia, da riporre nelle istituzioni, nell’uomo, nel futuro.
Ovviamente, il tempo della fiducia e della resilienza richiede l’impegno di ciascuno, come diceva Papa Francesco nella preghiera in una Piazza San Pietro deserta, quando invitava a “cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta… Il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”.
E’ ancora Papa Francesco ad offrirci, nell’enciclica “Fratelli tutti”, la prospettiva di impegno alla maniera del “buon samaritano”, che soccorre il malcapitato, si avvale della collaborazione del locandiere, utilizza le strutture e i servizi (la locanda) per fare il bene, creando una collaborazione virtuosa e concreta. “Guardiamo, dice ancora il Papa, al modello del buon samaritano…, un testo che ci invita a far risorgere la nostra vocazione di cittadini del nostro Paese e del mondo intero, costruttori di un nuovo legame sociale”. Ecco, un nuovo legame sociale e un rinnovato amore per il nostro Paese sono due atteggiamenti con cui affrontare il futuro, superare il tempo sospeso, far fronte alla “quarta ondata” che si profila all’orizzonte e a quelle che potranno esserci fino a quando la guerra contro il Virus non sarà definitivamente vinta.
Nemo