Ha ragione Mario Draghi a considerare un successo il risultato del G20 di Roma presieduto dall’Italia, anche se su vari punti ci si è dovuti fermare al di sotto degli obiettivi iniziali e certificare la validità dei sogni lasciati come speranza. Un risultato di cui andare fieri è il documento ufficiale del G20 con l’impegno della tassazione del 15 % sulle grandi Holding. Buono anche l’accordo con gli Usa sui dazi su acciaio e alluminio. Sul clima infine ottimo il documento che impegna a contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi. Ma su quest’ultimo punto non si è riusciti a fissare un termine fisso oltre il quale azzerare le emissioni nocive. Russia, India e Cina hanno la grave responsabilità di ostacolare il raggiungimento della data del 2050 (“ intorno alla metà del secolo”) e quella di non precisare (“quanto prima”) l’abbandono del finanziamento al carbone.
Certo non si sono messi d’accordo neppure sull’entità degli interventi nei confronti dei paesi poveri sia per i vaccini che per la transizione energetica. Almeno hanno capito l’urgenza di intervenire e hanno promesso la riforestazione per 10 miliardi di nuove piante. Ha riassunto bene il segretario dell’ONU Antonio Guterres, “l’esito del vertice va salutato con favore, le speranze non si sono realizzate, ma almeno non sono sepolte”. L’ Italia può essere orgogliosa per le dinamiche di accoglienza, di qualità artistica e di ordine pubblico, ma anche per l’impegno nei contenuti.
Anche se mancavano Russia e Cina con i massimi rappresentanti il metodo multilaterale ha rimesso in luce i suoi meriti. Meglio confrontarsi intorno a un tavolo che irrigidirsi in rivendicazioni a distanza. Occorre però apportare qualche correttivo al metodo. Finchè il metodo si limita a indicazioni non vincolanti, rischia di essere un bla, bla, bla mediatico.
Chi avrà il coraggio di proporre una verifica degli impegni presi? “Oggi il G20 non parla più solo di finanza, spazia dall’economia all’energia, dalla salute allo sviluppo, dal clima all’agricoltura e altro; il suo ordine del giorno assomiglia all’indice della Treccani e gli sherpa si perdono in un mare di interessi contrapposti”.
Di fronte a paesi inquinatori così potenti, l’unica speranza è di presentare un’Europa unita sulle proposte e sulle verifiche. Questo spingerebbe anche gli altri grandi attori globali a uscire dallo stallo che penalizza tutti.