Dipingere per la strada, sui muri, su installazioni, su mezzi che talvolta suscitano non poche perplessità, è ormai una forma di arte riconosciuta che, bene o male, tutti abbiamo preso a metabolizzare. Forse per amore ancestrale verso la grotta di Altamira e tutti gli altri graffiti primordiali che alitano di spirito umano.
In tempi moderni, il muro di Berlino ha potentemente rappresentato questa pulsione espressiva, nata, in questo caso, da un “orrido” storico come è stata la violenza di dividere, per la demagogia dell’uomo, una città in due parti, l’ una tabù per l’altra, mentre gli animi si sbriciolavano.
Oggi il mondo dei ”murales” si incanala verso vari stili, nei qual fare qualche distinzione fra chi ha vere prerogative e chi non.
Mi è capitato ultimamente di vedere l’opera di una giovane artista, Alice Pasquini, romana dalle radici lucane, da lei predilette, poco più che quarantenne, e di notarne la potente forza comunicativa non aliena da quella vena di autenticità artistica che fa la differenza fra lei e tanti altri.
La nostra autrice ha operato nelle capitali più importanti del mondo, da Roma a New York, a Oslo, a Sidney, per dire solo le più grandi ed è anche scenografa e pittrice nel senso più consueto del termine.
Il “Kiup Street Art Festival” è una delle manifestazioni che organizza di concerto con altri autori, e, di recente, si è svolto, neanche a dirlo, ad Albano Lucano. In tale occasione, la Pasquini ha dedicato la sua opera, morbida ed elegante, ricca di riferimenti psicologici e nostalgia della sua infanzia, al “gioco”. Attraverso il richiamo agli svaghi infantili vengono evocati momenti di fiducia, se non di fede, vissuti in tanti episodi dell’esistenza.
Il suo lavoro, che mostriamo, ha un titolo: “Belive it or not” (Credici o meno) ed è un grande manifesto del suo modo di pensare, immaginare, rimandare all’infanzia, restare sospesa in modo irreale tra abbandono fideistico e scetticismo.
Suo fine e riuscire ad esprimere il tormento del mondo attuale facendo spesso ricorso a commistioni letterarie e filosofiche che la aiutano non poco a chiarire il significato di quanto dipinge.
La sua arte è volta anche a rivalutare luoghi spesso dimenticati ed aiutare il recupero di borgate e periferie degradate che mai nessuno visiterebbe, collaborando così alla rigenerazione del tessuto urbano.
A Giardini Naxos, la stupenda località di mare ai piedi di Taormina, ha decorato l’edificio del liceo classico e la stessa cosa ha fatto altrove, con l’aiuto di altri artisti, fra l’entusiasmo del mondo della scuola che ha afferrato la bontà di esaltare, mediante un’arte figurativa così ben visibile, il più grande dei valori che è quello della cultura.
Mostriamo, fra le altre riportate, l’opera realizzata a più mani per “Varese News” nel 2014: “Se alzi un muro pensa a cosa lasci fuori”, titolo preso da una frase di Italo Calvino.
L’opera è di grande e semplice eleganza, affidata a tanti caratteri tipografici, tutti diversi fra loro, chiamati ad essere essi stessi protagonisti. Non meno efficace è l’espressione pensierosa e infantile del soggetto umano lì a fianco, ritratto dalla stessa Pasquini.
L’attenzione della pittrice si rivolge sempre ed in ogni circostanza alla donna ed alla sua non facile condizione di vita.
Guardiamo ancora un’opera realizzata a Roma, nella ex caserma Guido Reni per l’ “Outdoor festival” del 2015, dove l’uso dei colori, chiamati a suscitare attenzione per le strade, lascia qui spazio ad un tratteggio intimistico quasi bianco e nero.
Si parla di sentimenti e non c’è titolo. E’ di scena la psiche che dà luogo ad immagini oniriche e surreali e chi guarda è come scavato dentro, portato a domandarsi se credere ancora o no ai sogni e alle promesse della vita.