In occasione della partita di calcio Italia- Galles, disputatasi qualche giorno fa durante gli Europei tuttora in corso, alcuni giocatori della nazionale italiana si sono inginocchiati per protestare contro il razzismo sostenuto dai blake lives matter americani. In cinque si sono genuflessi mentre gli altri sono rimasti in piedi . Un pessimo esempio di unità nazionale: siamo divisi anche in una occasione ‘ludica’ come una partita di calcio che dovrebbe sostenere l’unità della nazione.
E’ diventato un caso e la Federcalcio ha proposto di inginocchiarsi per rispetto ai giocatori ( solitamente tutti genuflessi) del Belgio che contro l’Italia disputeranno i quarti di finale. Una decisione risibile – ci prendono per scemi come al solito – che vuol mettere d’accordo tutti e dimostra l’incapacità italica di ‘scegliere’ e di adottare una posizione autonoma, unitaria se si condividono i motivi o, se proprio non si riesce a mettersi d’accordo, rispettosa della libertà di ognuno.
A me non è piaciuto il gesto dei genuflessi perché sarei tra quelli che non si inginocchiano. Non vedo perché dovrei genuflettermi: il razzismo si combatte stando in piedi e a schiena dritta e l’ inginocchiamento a comando mi sembra una sorta di educazione alla passività e alla sottomissione.
Rifiuto e deploro con tutte le mie forze ogni forma di razzismo ma non trovo motivo per questa autoflagellazione collettiva né mi va di assumermi le colpe di questo nuovo peccato originale del quale purificare la mia anima. Chiedo perdono in ginocchio al Padre eterno per i miei peccati ma non mi va proprio di inchinarmi per una colpa che sento di non avere.
Il crimine, commesso negli USA, contro Floyd vittima inerme, da un esecrabile agente di polizia, è stato prontamente e giustamente punito con una condanna a 25 anni di carcere e tutti lo riconoscono come crimine senza che il mio inchino li aiuti a considerarlo tale.
Il rito dell’inginocchiamento mi sembra una manifestazione ipocrita e contro-razzista dell’uomo bianco colpevole di tutte le nefandezze di questo mondo. Piuttosto mi inchinerei per i milioni di cristiani perseguitati nel mondo, laddove la persecuzione religiosa è merito e non reato. Mi inchinerei per le tante Saman strappate alla vita, per le tante Asia Bibi condannate a morte per reati che reati non sono nemmeno lontanamente. Mi inchinerei anche per gli Uiguri perseguitati dal regime dispotico e sanguinario cinese, per le donne stuprate, per i professori e i preti sgozzati nella nostra civile Europa e per tutti i dissidenti che languono in prigioni insane per decisione di governi criminali di ogni colore. Ecco, mi inchinerei per tutti costoro se avessi qualche chance di farmi ascoltare dal Padre eterno per esortarlo a illuminare i carnefici e poter fermare la loro barbarica violenza che nessuna legge umana sembra contrastare.
Ma non mi inginocchio per partecipare al teatrino di chi, secondo me, vuole sempre e costantemente processare la civiltà a cui appartengo, di chi vuole improntare un processo all’uomo bianco e alla sua storia. Di chi vuole trascinarci in questa folle e demenziale cancellazione della nostra cultura, piena di difetti e costellata di errori, ma la migliore tra quelle apparse su questa terra.