Ecco un film italiano che non sembra italiano, e infatti è tratto da una piece teatrale dell’inglese Trevor Griffiths, ed ecco un Gabriele Salvatores che non sembra Salvatores,ma il Tornatore di ‘Una pura formalità’, misteriosa parabola sulla morte, che si svolgeva in uno squallido posto di polizia cadente e flagellato da una pioggia battente e interminabile.
Anche in Comedians piove, anzi diluvia, e piove addosso ai comici, che entrano fradici in una squallida aula scolastica ( c’è qualcosa di più squallido di una malandata e polverosa aula scolastica?)…
I Comedians non sono comici professionisti, sono dilettanti che si arrangiano a fare altri lavori, che odiano, e sono lì a tentare ,dopo aver frequentato un corso serale, di ottenere un ingaggio nel mondo dello spettacolo. Per questo si esibiranno davanti a un manager, affarista e ammanicato, che però vuole comicità immediata e di facile presa, e non certo fine umorismo e messaggi sul senso della vita, come invece ha insegnato loro il maestro del corso. Insomma siamo davanti al vecchio dilemma : cultura o spettacolo? Classe o successo? Per pochi o per molti?
Non aspettatevi una soluzione, la risposta non è facile e non ci sarà una catarsi finale, ma semplicemente il gruppo si dividerà tra chi accetterà le regole del gioco, cioè fare cassetta, e chi sdegnosamente resterà coerente con le sue scelte artistiche, ed è questa la grandezza del film. Formidabili sono le scene degli sketch, con gag velocissime come lampi nel buio, bravissimi gli attori che fanno gli attori, formidabile Christian de Sica, ingrassato oltre misura, decisamente all’altezza del padre nell’impersonare il manager giudice, con una gamma di sfumature che, alla fine, rendono il personaggio molto più complesso dello squallido praticone che ci si aspettava. Un film parlato, ma di grande impatto, un po’ misterioso, un po’ patetico, un po’ allegro, un po’ triste, in un mix, a mio avviso, di grande qualità.