- Giovanni Paolo II, Francesco: un Ministero, due personalità differenti
Una premessa: non intendo qui “snocciolare” un’apologia di papa Francesco, piuttosto cerco di porre in evidenza alcune tra le luci, le ombre e gli “scivoloni” del suo pontificato che, a mio parere (e mi ritrovo in una folta compagnia), nel complesso non legittimano in nessun modo la qualifica di “eretico” che alcune frange del mondo cattolico gli hanno ascritto. Inoltre, accennerò qui ad alcuni aspetti della personalità di Bergoglio che fanno storcere il naso ad alcuni credenti e, al contempo, per altri ne promuovono l’autorevolezza e la simpatia.
Preciso, inoltre, che non ho mai idealizzato alcun pontefice. Forse, in questo ho interiorizzato, in qualche misura, quanto, nella sua semplicità, mia madre diceva, allorché qualcuno tesseva lodi sperticate nei confronti di un Pontefice: “Il Papa? È un cristiano, come tutti gli altri”. È appena il caso di precisare che, nella nostra parlata, per lo più “cristiano” significa semplicemente “persona” piuttosto che “credente”.
D’altronde, non ho mai pensato che, tra i Papi che ho potuto conoscere (solo attraverso i media, ovviamente), qualcuno abbia rilasciato dichiarazioni oppure redatto documenti incompatibili con la fede cattolica. Certo, come tutti noi, ho accolto talora con perplessità questa o quella esternazione, o scelta, di ciascuno di loro. Ad esempio, hanno suscitato in me delle serie perplessità alcuni atteggiamenti assunti da Giovanni Paolo II. Non sono tra coloro che, nei primi anni del suo pontificato, dicevano, con una smorfia di disappunto, “Ah, questo Papa polacco!”. Tuttavia, non mi ascrivo neppure a coloro che, dopo la sua morte, auspicavano la sua immediata canonizzazione (e, forse, tra costoro vi erano alcuni dei critici della prima ora). Credo, piuttosto, che vari accadimenti occorsi durante il suo pontificato siano tali da suscitare in noi qualche perplessità. È auspicabile, comunque, che Giovanni Paolo II sia rimasto del tutto estraneo ad essi e si sia sbagliato riguardo alla personalità di coloro che ha scelto quali eminenti collaboratori.
In effetti, la sensibilità di papa Francesco, nella spiritualità e nella prassi, è molto diversa da quella che caratterizzava Giovanni Paolo II. Solo due esempi al riguardo. Molti di noi ricordano che quest’ultimo redarguí pubblicamente Ernesto Cardenal, un sacerdote già impegnato nel governo sandinista del Salvador, e lo sospese a divinis. Di recente, Francesco ha revocato quest’ultimo provvedimento al sacerdote, ormai malato terminale. Ancora, papa Wojtlya aveva fortemente voluto la canonizzazione di José Escrivá de Balaguer, “frenandola” nei confronti di mons. Romero. Papa Bergoglio, invece, ha fortemente voluto la canonizzazione di quest’ultimo. La Chiesa ha così riconosciuto la statura spirituale di Óscar Romero che, come pochi altri cristiani d’eccezione, ha incarnato nella sua persona l’autorevolezza del pastore e il carisma profetico. Va ricordato che mons. Romero uscì piangendo da un’udienza concessagli da Giovanni Paolo II, il quale lo aveva esortato alla moderazione nel governo della Chiesa del suo Paese, al fine di compromettere l’unità della Chiesa stessa. Di converso, sulla figura di Escrivá gravano non poche ombre. Si pensi che la sua canonizzazione è stata contestata da taluni persino nella sua terra, la regione spagnola dell’Aragona.
- I nemici di papa Francesco
Suona retorica la domanda: “Qual è la figura istituzionale più stigmatizzata dalla cultura laicista?” Si tratta certamente del Papa. Eppure, nel caso di papa Francesco si riscontrano significative eccezioni. In realtà, Bergoglio ha riscosso talora un discreto apprezzamento da parte di certa cultura progressista, laica e persino laicista. Inoltre, anche all’interno della Chiesa, è stato etichettato, con una certa superficialità, “papa di sinistra”.
Comunque, nessun Papa del post-Concilio è stato criticato quanto lui da una parte della cultura cattolica. È avversato senz’altro dai cattolici conservatori (e, diciamolo pure, anche dai reazionari), mentre i credenti più progressisti hanno accolto per lo più con favore i provvedimenti da lui emanati come pure molte tra le sue scelte. Nella parte più conservatrice del mondo cattolico, ma anche nella cultura laica e laicista “di destra” alcuni critici si sono spinti ben oltre la critica e hanno tacciato Bergoglio di eresia (come se la cultura laicista fosse legittimata a sentenziare al riguardo dalla propria competenza in teologia cattolica). Ad esempio, non possono che dirne le cose peggiori i cosiddetti sedevacantisti, ovvero coloro che sconfessano il Concilio e considerano eretici tutti i Papi eletti dopo Pio XII.
Tra i nemici di Francesco, qualcuno afferma persino che, mai come adesso, Satana dimora nel cuore della Chiesa. Sarebbe il caso di chiedere a costoro che cosa pensano circa la presenza di Satana nella Chiesa ai tempi di papa Borgia oppure di Pontefici simoniaci, lussuriosi e violenti. Eppure, lo stesso Alessandro VI, tutt’altro che uno stinco di santo, fu paladino dell’ortodossia. Lo Spirito soffia sempre sulla Chiesa. Oppure, se ci si conforma alla nuova terminologia, si può dire che la sua rugiada si posa comunque sulla Chiesa.
Qualche anno fa le strade di Roma sono state tappezzate di manifesti in cui il volto di papa Francesco assumeva un’espressione sinistra, quasi demoniaca. Ogni commento è superfluo. Semmai, un osservatore sarcastico potrebbe osservare che gli autori dell’iniziativa avrebbero potuto fare di meglio con il fotoshopping.
I nemici di Bergoglio ricorrono a tutti i mezzi per sminuirne l’autorevolezza. Ad esempio, qualcuno di loro, prima della pandemia, rilevava che in passato la domenica mattina non si erano mai visti tanti spazi vuoti in Piazza San Pietro: a Francesco manca il carisma. Ancora, i nemici più agguerriti (la cui malafede è fin troppo evidente) si sono avvalsi delle argomentazioni più implausibili per dimostrare che l’elezione di Bergoglio è invalida per vizi procedurali oppure che il vero pontefice è tuttora Benedetto XVI, in quanto quest’ultimo non avrebbe rinunciato al ministero petrino. Da parte sua, l’ineffabile Salvini ha coniato lo slogan “Il mio Papa è Benedetto”.
Eppure, a suo tempo, Ratzinger ha espresso il modo chiarissimo la propria intenzione: «ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20.00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice». Vi è forse ancora qualcosa da chiarire? Tuttavia, non si può sperare che i nemici di Bergoglio desistano dal loro proposito e si tacitino. Imbastiranno altre argomentazioni, ignorando che contra factum non valet argumentum.“I fatti sono ostinati” (los hechos sono tercos, direbbe forse lo stesso Francesco). E, come se non bastasse, con i suoi tentativi di riforma della Curia romana, questo Papa si è creato acerrimi nemici già all’interno delle mura vaticane.