regia, soggetto e sceneggiatura di Pietro Castellitto
con M.Popolizio, G.Montanini, M.Mandracchia, P.Castellitto, D.Cassini, A.Caprioli.
Essere figlio d’arte, nel cinema, in genere non è un vantaggio. Sono poche le eccezioni di attori e registi che sono riusciti a eguagliare la fama e il successo di un genitore famoso. Mi vengono in mente, tra i non italiani, Michael Douglas, il figlio di Kirk, Jane Fonda e suo padre Henry, Liza Minnelli e i genitori Vincente e Judy Garland. Da noi forse solo i figli di Gassman e De Sica hanno raggiunto un successo assimilabile a quello dei padri.
L’ultimo “enfant prodige” in ordine di tempo è il giovane Pietro Castellitto, figlio di Sergio, attore e regista tra i più noti e della pluripremiata scrittrice Margaret Mazzantini. Il giovane Pietro esordì appena tredicenne come attore in “Non ti muovere”, film diretto dal padre e tratto da un romanzo materno e ha continuato a interpretare altri film non solo “di famiglia”. La critica non è però mai stata benevola con lui e, per sua stessa ammissione, proprio questo fatto lo ha spinto a cimentarsi nella scrittura cinematografica e a dirigere nel 2020 “I predatori”, premiato per la sceneggiatura a Venezia nella sezione “Orizzonti” e con il David di Donatello al miglior regista esordiente.
Il film è infatti un’interessantissima opera prima, molto ambiziosa ma che lascia ben sperare. Si tratta di un film corale, la cui trama è difficile da riassumere. Vi si intrecciano i destini di due famiglie diametralmente opposte: i Vismara, borgatari, fascisti, politicamente scorretti e i Pavone ricchi borghesi intellettuali radical chic, un po’ insomma come le famiglie rivali di “Ferie d’agosto” di Virzì. Un incidente automobilistico li farà incontrare e scontrare, creando situazioni esplosive, nel senso letterale del termine. Personaggio principale, se proprio lo si debba e possa individuare, non a caso interpretato dallo stesso regista, è Federico Pavone, laureando in filosofia, con un amore sviscerato per Nietzsche sul quale alla fine riverserà l’odio per le angherie subite da parte del docente barone universitario che lo tiranneggia preferendogli sempre qualche altro studente.
Il film è ben girato e il registra dimostra una grande padronanza dei mezzi tecnici: il limite è che a volte ne abusa senza che il mezzo sia funzionale alla narrazione. Abbondano i piani sequenza, i primi piani e inquadrature che, seppur suggestive, sono solo fine a se stesse. I dialoghi sono però vivaci, spesso surreali e divertenti come alcune scene tipo la cena del compleanno della nonna o il ciak sul set cinematografico. Imprevedibile e fuori dagli schemi il finale, anche se forse un po’ “strozzato”.
Film in programmazione attualmente su Sky, gradevole, comunque. Aspettiamo il prossimo per un giudizio più articolato sul giovane regista. Buona visione!