Il più drammatico e doloroso “nodo” del nostro tempo è quello che si sta stringendo in modo inarrestabile intorno al collo delle donne.
Le ragioni che hanno portato a questa spietata “tonnara” (antico,sanguinoso rituale siculo per la pesca del tonno) nei confronti del genere femminile, sono talmente tante e interferenti tra loro, che ci vorrà chissà quanto tempo prima che tale disumana reazione metastorica riesca a placarsi.
Ancora troppo vicina è la presa di coscienza da parte di una metà del genere umano di aver vissuto da sempre in stato di sottomissione, la più cattiva e sottile, quella che si attua soffocando la mente, negando la cultura e bruciando la libertà.
E questo indicibile sopruso è stato mascherato invocando la natura e i suoi compiti ma in effetti relegando la donna in un sottomondo parallelo dove neanche riusciva a rendersi conto di quanti e quali diritti essenziali le venissero sottratti.
Chi ne ha sofferto di più, a conti fatti, è l’intera società, affidata ad una egemonia stratificata di cui, oggi più che mai, “godiamo”i frutti.
Non si può più sentir parlare di “quote rosa”,di briciole, di avanzi. E’ come dare una manciata di pop-corn ad un gruppo di ragazzini per farli stare buoni! Ma è dignitoso?
Le donne devono entrare a piene mani nell’esercizio della cosa pubblica per apportarvi, con ogni urgenza, prima di tutto la loro onestà, oltreché la loro preparazione, cultura e sensibilità.
Bisogna dare uno stop definitivo ai troppi, ingiustificati privilegi e porre in atto la completa interscambiabilità di tutti i ruoli. Porre fine ad un discrimine che si perde nella notte dei tempi.
L’ “homo sapiens” è comparso sulla terra da centinaia di migliaia di anni ed è triste pensare che questa sua unicità abbia prodotto soprattutto violenza e che la più cattiva e continuativa sia stata proprio quella operata all’interno del gruppo familiare.
Il condizionamento è stato talmente lungo e forte che non è raro trovare, ancora oggi, donne pronte ad ergersi a difesa delle antiche posizioni.
D’altra parte, quando si sposarono, il prete lesse loro il codice dove si recitava che l’uomo era il capo della famiglia, la donna ne assumeva il cognome ed era tenuta a seguirlo ovunque egli decidesse di fissare la sua dimora ecc. ecc. ecc. E a quel coniugio, a quell’amore, almeno lei, ci credeva.
Prima del matrimonio, prima cioè che dalla sottomissione al padre passasse a quella al marito,era stata, per giunta, abituata ad avere sempre uno “chaperon” fra lei ed il partner. E semmai quest’ultimo avesse avuto modo di farle qualche “scorrettezza”, ci avrebbero pensato i fratelli, magari “con la lupara”.
Ricordo un film degli anni ’60 sulla condizione della donna che, fra l’altro, mostrava ancora l’usanza di esporre il lenzuolo della prima notte a riprova della verginità della donzella, mentre, in un altro episodio, un “lui”, dichiarava, alla povera sposa non trovata illibata, tutto il suo disgusto per non aver toccato la sua purezza. Lui, poverino, che, fino ad allora, aveva dovuto contentarsi dei bordelli.
Ecco, questa, più o meno, la modulazione del grande capitolo “amore e sesso” per una generazione che è ancora presente fra noi.
Ma poi, subito dopo, il mondo si è letteralmente girato alla rovescia: è arrivato “il ‘68”! La grande rivoluzione ideologica e culturale che si riprometteva di dare a tutti gli stessi diritti, portando, soprattutto, la cultura a coloro che, pur avendone le prerogative, non potevano fruirne per mancanza di mezzi .
Solo che, all’ombra dei grandi ideali e propositi dell’inizio, prese ad operare la più grande insidia: l’eccesso e l’abuso di certe posizioni.
Le scuole vennero “occupate”, nacquero strumenti di legge che sancivano l’entrata delle famiglie all’interno dei “consigli” a mettere bocca senza alcuna cognizione di causa.
Né le università ebbero sorte migliore con la conseguenza che la cultura, base principale della civiltà, iniziò il suo inesorabile declino.
Nella nuova società Il motto epocale, la bandiera ideologica era “non fate la guerra, fate l’amore”, un amore, però, che non sembrava tanto ispirato a quello universale capace di salvare dalla guerra ma piuttosto una forte spinta al superconsumo di quello fisico, separato definitivamente dai sentimenti.
Le donne, a quel punto, finalmente licitate alla vendetta, si presero di colpo tutta la libertà e la disinibizione, come urlassero ai maschi: “non vi ci faremo trovare più neanche la cenere…”
Gli “angeli del focolare” volarono via, consapevoli delle metodiche con cui erano state attaccate loro delle ali che avevano portato il peso di troppe rinunce. Tutto il peso del mondo.
Era l’inizio di una riscossa storica che non si sarebbe più fermata.
Dovevano essere lavate troppe onte. Dalla “cintura di castità” alla spocchia di colui che da sempre si era ritenuto unico detentore di pulsioni sessuali e del diritto di farne uso dovunque e comunque, di colui per il quale erano nati i bordelli sulla pelle di altre donne, ridotte a “latrine”. Occorreva dimenticare per sempre quegli antichi signori che si congiungevano alle loro spose, slucchettate per l’occasione, attraverso un foro ricamato nel lenzuolo dove inserire i loro malsani “attrezzi”recitando la blasfema giaculatoria: “ non lo fo pel piacer mio … ma per dare figli a Dio”.
Che “infibulazione” mentale e contorta, povere donne!
Solo che, in questa guerra ad oltranza, si è spesso perso il retto sentire e con esso la capacità di operare scelte, eliminare le parti negative dei comportamenti reciproci ed avviarsi ad una pace, essenziale per la specie futura, camminando verso una vera evoluzione.
Il maschio non sarebbe più stato soltanto un animale selvatico capace solo di sopraffazione e la donna non lo avrebbe seguito in basso ma elevato e contagiato con la sua capacità di sensibilità, intelligenza e forza interiore.
Gli avrebbe mostrato in prima persona, soprattutto, una vera libertà di gestire e godere appieno tutte le proprie passioni, di ogni genere e natura.
Invece sta capitando, come in buona parte delle rivoluzioni che entrano “a testa di ariete”, che più le donne chiedono i loro diritti violati e più i maschi, ancora e ancora impreparati, fuori dell’alveare come i fuchi e con scarse capacità di cambiamento, hanno semplicemente quanto, forse inconsapevolmente, deciso di “farle fuori” privandole del bene sommo che tutto racchiude: la vita.