La vita di Caterina si colloca in un periodo molto travagliato della storia europea (1347-1380): sono anni di crisi demografica, dovuta alla diffusione della peste che in Italia mieté circa metà della popolazione; economica, legata alle conseguenze dell’epidemia e al fallimento delle maggiori imprese commerciali e artigianali; politica, in Italia si assiste alle continue lotte fra i vari stati e staterelli, mentre in Francia divampa la guerra dei 100 anni; religiosa, a causa della corruzione del clero e dello stesso papato, che aveva vissuto la drammatica esperienza della cattura di Bonifacio VIII e della sua morte, e in seguito dal trasferimento della sede papale ad Avignone ad opera di Clemente V. Verso la fine del Medioevo si diffuse nel popolo una forte aspirazione ad una rinascita spirituale, che raccolse l’entusiastica partecipazione di tutti gli strati sociali e portò al sorgere di movimenti di rinnovamento religioso con riferimento ai valori apostolici (alcuni gruppi rimasero vicini alle posizioni dottrinali della chiesa, altri svilupparono dottrine ereticali). In questo periodo le donne assunsero importanza nel campo politico-religioso, sebbene escluse dal servire messa e dall’esercitare altre funzioni ufficiali.
Molto attiva fu all’inizio del secolo Brigitta di Svezia, ma altre mistiche scrivevano le loro esperienze e si impegnavano nelle lotte sociali e politiche. Sorsero numerosi monasteri, anche femminili, e si diffusero tra le donne forme di vita semireligiosa: beghine, suore della vita comune, pinzocchere, e terziarie; i terziari si legavano alla regola di un ordine conventuale, venendo accettati come parte dello stato ecclesiale.
Le donne inserite in queste forme di vita spirituale avevano un forte carisma , in particolare Caterina da Siena esercitò una grande influenza sul sentimento religioso e si pose come punto di riferimento di molte religiose successive. Tuttavia bisogna riconoscere che non approfittarono dell’importanza conquistata per ottenere uno status ufficiale migliore all’interno della chiesa. Caterina si tenne nell’ombra e cercò la protezione delle strutture ecclesiastiche.
Caterina di Jacopo da Benincasa nacque a Siena nel 1347 . La sua vita è stata oggetto di studio fin da quando era ancora in vita, fonti principali sono la “Legenda Major”, biografia scritta da Raimondo da Capua, suo confessore poi eletto Generale dell’Ordine dei Predicatori, che si dilunga ben oltre la morte di Caterina, fino al 1395 con l’obiettivo di farne riconoscere la santità ; e le cronache di Tommaso della Fonte, confessore e parente di Caterina, che racconta gli eventi cui ha assistito o che gli sono stati raccontati; ricordiamo anche uno scritto anonimo “Miracoli della beata Caterina di Jacopo da Siena”. Dalle testimonianze apprendiamo che la vocazione di Caterina fu precocissima: sembra che già a 7 anni avesse deciso di dedicarsi alla vita religiosa; a 12 rifiutò categoricamente di sposarsi; a 16 anni decide di “collegarsi” all’Ordine della Penitenza domenicana, le Mantellate, contro la volontà della famiglia.
Le religiose, dette Mantellate per il loro abbigliamento, erano un gruppo di donne, anziane o vedove, che non praticavano la clausura anche se pronunciavano i tre voti di povertà, castità e obbedienza. Caterina rimase nella casa paterna dove si ritagliò un proprio spazio spirituale, la “stanza dell’ascesi”. Piano piano cominciò a radunarsi intorno a lei una piccola comunità di donne e uomini, socie e socii, figlie e figli, uniti a lei da vincoli di affetto e devozione; le donne si prendevano cura di lei quando le penitenze e l’estasi la debilitavano fisicamente, infatti si sottoponeva a dure penitenze (veglie, flagellazioni, cilicio) e digiuni, mentre gli uomini fungevano da confessori e segretari. A questi la santa dettava i suoi pensieri e le lettere, pur avendo imparato a scrivere e leggere: secondo la leggenda Cristo le avrebbe in segnato l’alfabeto. La sua vita spirituale, infatti, era contrassegnata da una profonda unione con Cristo e da una costante esperienza mistica (estasi, bilocazione, levitazione) che culminò nella comparsa delle stimmate, quale segno dell’unione con Cristo. Nel contempo si dedicava anche ad opere di carità e assistenza.
Per queste sue esperienze si colloca tra le maggiori esponenti della religiosità femminile, come risposta al bisogno di rinnovamento spirituale che animava la società urbana dei secoli XIII e XIV. Esercitò una profonda influenza su laici ed ecclesiastici, uomini e donne; spinta dall’aspirazione alla pace e alla concordia, cercò di riappacificare le più importanti famiglie senesi, con cui intrattenne una fitta corrispondenza; le sue preoccupazioni per le sorti della chiesa la portarono a rivolgersi a ecclesiastici (cardinali e pontefici) per il rinnovamento della Chiesa. Sollecitò il ritorno a Roma del Papa, che secondo lei costituiva la condizione primaria per un effettivo rinnovamento, dato che i 7 papi francesi erano stati più uomini d’affari che pastori di anime e si erano dimostrati succubi della monarchia.
In una lettera a Bernabò Visconti sollecitò anche una nuova spedizione in Terrasanta (1374) . nello stesso periodo ricevette l’inviato pontificio Alfonso Valdaterra mentre si trovava a Firenze per il Capitolo generale dell’Ordine domenicano. In quella occasione il suo direttore spirituale Raimondo da Capua le consentì di allargare il suo raggio d’azione; si recò quindi ad Avignone per sollecitare la riforma, la crociata e il rientro a Roma. In realtà non solo non fu ascoltata, ma fu sottoposta a indagine da 3 teologi e poco dopo ritornò in Italia. Nel 1377 anche il papa Gregorio XI ritornò a Roma senza che tra loro ci fossero contatti.
Riprendendo la sua opera di pacificazione, Caterina cercò di conciliare i due rami della famiglia Salimbeni, ma il suo gesto destò diffidenze e ostilità. La ritroviamo a Firenze nel corso del tumulto dei Ciompi; si recò poi a Roma dove si incontrò con il papa Urbano VI, che si mostrò favorevole al suo progetto di riforma della chiesa, anche se l’iniziativa pontificia falli perché il papa dovette contrastare l’antipapa Clemente VII , eletto dai cardinali rimasti ad Avignone, i quali in tal modo avevano dato vita al Grande scisma d’Occidente.
Caterina morì a Roma il 29 aprile 1380.
Il suo pensiero e contenuto nelle numerose lettere inviate a personaggi laici ed ecclesiastici, e soprattutto nel “Dialogo della divina Provvidenza”; l’opera ha la forma di un colloquio tra Dio e Caterina tramite la Carità, e prende forma mediante una serie di immagini (per es. Dio è l’albero, le radici sono in terra, la testa è in cielo, per indicare l’onnipresenza; Cristo è l’albero di morte e di vita, è il ponte che permette di attraversare il fiume del peccato). Subito dopo la sua morte iniziarono numerose celebrazioni; si diffuse una imponente agiografia, accompagnata dalla volgarizzazione delle opere, assieme ad immaginette con la figura della santa e illustrazioni nei manoscritti.
Il 29 giugno 1461 venne canonizzata. Nel 1866 Pio IX la proclamò patrona di Roma e successivamente Pio X patrona dell’Azione Cattolica. Nel 1939 Pio XII la proclamò patrona d’Italia, e infine nel 1970 Paolo VI la inserì tra i Dottori della Chiesa.