“Nel racconto biblico il primo gesto del figlio è quello tremendo dell’assassinio del proprio fratello. Nessuno sconto, nessuna pietas. La violenza dell’uomo appare come originaria. Il destino di Caino ci riguarda profondamente come quello dell’Edipo di Sofocle riletto da Freud”. L’incipit del saggio ci costringe a interrogarci sul senso dei rapporti umani, in particolare della fratellanza, e sulla stessa vita umana, all’origine della quale c’è uno “scandalo” narrato dai nostri primi testi religiosi (Genesi, 4,9 ), messo in scena dai primi testi tragici greci, indagato dal padre della psicanalisi Freud.
All’origine c’è un gesto fratricida, un atto di odio, non di amore. Segno che è proprio questo a connotare la “storia primordiale dell’uomo”, un gesto rimasto come istintuale nel nostro inconscio, parte integrante del nostro io, anzi del nostro io interiore. Lo conferma anche una poesia relativamente recente di Ungaretti che apostrofa Caino come “pastore di lupi”, preda di una brama fatta di “Terrori, slanci,/ rantolo di foreste, quella mano/ che spezza come nulla vecchie querci,/ sei fatto a immagine del cuore.”( Caino, 1969, in “Vita d’un uomo”). Con simboli di evidente significato archetipico-antropologico, compresa l’acqua che nella fonte rigenera e placa, si delinea un alter-ego del poeta, immagine speculare del suo Io,un Caino connaturato insomma nel suo animo , cui egli si rivolge in modalità dialogica: col mio passo mi fuggi”. In realtà, un monologo con se stesso, che esclude la presenza di una bestia o di un mostro in noi o l’identificazione con la violenza di una fiera . Recalcati lo esclude affermando che la violenza animale nasce dalle “necessità naturali dell’organismo (di difesa e di attacco)”, mentre quella umana scaturisce dalla tentazione di negare l’alterità separata da se stessi, “l’alterità dell’Altro vissuta come una limitazione insopportabile della nostra libertà”.
Verrebbe da pensare, a questo proposito, a quello che Hannah Arendt definisce “banalità del male”, nel senso che i crimini sono prodotti non da mostri esterni o da menti deviate in particolari contingenze storiche, ma da un germe della violenza potenzialmente esplosivo in ogni momento, perché è parte di noi, è in noi.
Recalcati riflette anche sulla genesi del gesto fratricida, che si allinea all’altro gesto di trasgressione alla volontà di Dio, posto all’origine dell’umanità: quello di Adamo ed Eva. Ma mentre la disobbedienza dei nostri progenitori fu dovuta al desiderio di conoscenza per essere come Dio, per di più suggerita dall’ esterno , il serpente maligno, quella di Caino fu generata da un “odio invidioso”, nato all’interno, nello stesso cuore in cui abita l’amore per il fratello. Ad accomunarli, forse, è l’invidia, nel primo caso per l’Onnipotenza di Dio, nel secondo per la preferenza accordata al secondogenito che viene visto come un usurpatore dell’affetto precedentemente rivolto solo a lui. “Anche Caino, come il serpente,- afferma Recalcati, condivide il fantasma nevrotico del padre padrone (…) che gestisce la Legge con il solo metro del proprio capriccio”.
La conclusione del saggio, che ha lo stile e le modalità espressive di una lunga riflessione filosofica più che di un saggio argomentativo, lascia intravedere una possibilità di riscatto dalla colpa espiando una pena. Dio punisce Caino condannandolo ad errare come agricoltore ma con un segno di protezione che intima di non ucciderlo o fargli del male.
L’organizzazione non governativa “Non toccate Caino” si ispira a questo atto di perdono e misericordia di Dio, che d’altra parte ha causato l’odio vendicativo preferendo i doni della pastorizia di Abele a quelli dell’agricoltura offerti dal fratello. Saramago, nel suo romanzo “Caino”, lo rappresenta come un umanissimo ribelle prometeico nei confronti di un Dio poco umano e per niente paterno, anzi profondamente ingiusto e addirittura disumano, ribaltando completamente la lettura tradizionale dei testi sacri consegnati alla storia. Una storia continuamente contrassegnata dal gesto omicida primordiale, in cui l’assassinio si reitera in ogni tempo e in ogni luogo, come ci avvisa Camilleri nel monologo “Autodifesa di Caino”.
Il testo di Recalcati si chiude con una svolta impressa al destino dell’umanità quando Dio concede di abbandonare “l’odio invidioso” che distrugge l’alterità per ricostruire una relazione con l’Altro, permettendo a Caino di diventare padre e costruttore di una città. Allora,nasce “una versione nuova della fratellanza emancipata dalla seduzione mortifera” non più basata sul sangue ma sulla relazione.