“Il gesto di Caino”, titolo del libro di Massimo Recalcati (Einaudi) ci porta a riflettere sulla fratellanza come rapporto vincolato al legame di sangue, spesso deteriorato dall’invidia che può portare alla violenza e all’odio, per concludere che la vera fratellanza consiste nella qualità della relazione che ci lega all’altro. Ho subito pensato alle affinità elettive, alla consonanza di sensibilità e visione della vita, ai valori in comune. No,troppo facile questo dialogo con gli amici che ci scegliamo e che preferiamo frequentare proprio perché ci rappresentano e riflettono specularmente la nostra ideologia. Il difficile è stabilire un dialogo fraterno con chi non ci è amico perché non la pensa come noi e addirittura è all’opposto della nostra concezione del mondo. E a questo ci conduce Recalcati nella conclusione del suo libro: “Fratellanza è infatti l’indice del carattere insuperabile e vincolante della relazione con l’Altro, non tanto con il fratello di sangue, con il più prossimo, ma innanzitutto con lo sconosciuto, con il fratello che ancora non ha nome”.
Lo ribadisce Papa Francesco che, come tutti i Papi secondo l’insegnamento di Cristo, invita ad amare anche i nemici perché altrimenti il cristiano non farebbe alcuno sforzo meritevole di ricompensa,e in più ha tradotto le parole nella pratica di un incontro tra religioni e nel favorire l’istituzione di una giornata mondiale della fratellanza.
Non a caso la scelta è caduta sul 4 febbraio, perché nello stesso giorno del 2019 Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyb, firmarono ad Abu Dhabi il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, una pietra miliare nei rapporti tra religioni diverse. A favorire il dialogo interreligioso, infatti, è l’invito rivolto a tutte le persone che hanno fede nella fratellanza umana a “unirsi e lavorare insieme”. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione non solo promuovendo il dialogo interreligioso e interculturale fra gli Stati membri, ma invitandoli anche a favorire una cultura di pace che incoraggi lo sviluppo sostenibile, la tolleranza, l’inclusione,la comprensione reciproca e la solidarietà in tutto il mondo. Papa Francesco ha definito la fratellanza “la nuova frontiera dell’umanità”, messa continuamente in crisi non solo dall’odio e dall’inimicizia, ma anche dall’indifferenza, sottolineando che “non possiamo lavarcene le mani, con la distanza, con la non-curanza,col disinteresse”. Perché anche la non-curanza è una forma di inimicizia, che porta alla guerra. Dunque, la fratellanza è “la frontiera sulla quale dobbiamo costruire; è la sfida del nostro secolo, è la sfida dei nostri tempi”. Quale auspicio migliore di questo per il futuro dell’umanità?
La mia preoccupazione, però, è che il “dialogo” con le principali religioni possa riproporre atavici problemi di rigidità e intransigenza che non sono solo religiosi ma anche storico – culturali, economici, di imperialismi e di sopraffazione. Questi sottendono una visione antropologica diversa, come il rapporto uomo-donna, la libertà, l’autonomia personale e la facoltà di decidere della direzione da dare alla propria vita. La differenza arricchisce, certo, ma solo quando si è in grado di accettarla con tolleranza e mente sgombra da pregiudizi di superiorità, che altrimenti porterebbero alla sopraffazione da una parte e alla sottomissione dall’altra. Arricchisce solo quando non costringe a rinunciare alla propria identità e ai propri valori. Anche il Papa ha messo in guardia da questo pericolo, quando ha detto “…fratellanza vuol dire rispetto…Fratellanza vuol dire fermezza nelle proprie convinzioni. Perché non c’è vera fratellanza se si negoziano le proprie convinzioni”